Diritti degli omosessuali: 50 anni di battaglie, quale il punto in Italia?

I diritti degli omosessuali in Italia e nel mondo: qual è la situazione ad oggi dopo decenni di battaglie (ancora in corso)

Diritti degli omosessuali
Diritti degli omosessuali

Il dibattito sui diritti degli omosessuali resta uno dei più delicati ed accesi ancora oggi in Italia, dopo quasi 50 anni di battaglie. Le discriminazioni e le continue lotte combattute per ottenere i medesimi diritti civili degli eterosessuali rappresentano oggetto di discussione non solo nella società civile ma anche nel Parlamento.

Per qualcuno – indipendentemente dalle fazioni politiche di appartenenza – resta ancora un tabù, eppure c’è ancora molto da fare nel nostro Paese affinché il riconoscimento ai gay del “diritto ad amare” conseguente al diritto ad unirsi civilmente possano rientrare a tutti gli effetti nell’ambito della normalità.

Diritti LGBT nel mondo

E’ ancora fin troppo lunga la lista di Paesi nel mondo in cui l’omosessualità viene considerato ancora un reato, punito alla stregua di un qualunque crimine, pur violando i diritti fondamentali dell’uomo. A giugno 2019 ben 69 Paesi (contro i 92 del 2006) ritengono ancora un reato amare una persona dello stesso sesso. Di questi, sono 44 i Paesi che non ammettono rapporti omosessuali tra due donne (oltre che quelli tra due uomini). In undici, gli omosessuali rischiano persino la pena di morte.

Di passi in avanti negli ultimi anni ne sono stati compiuti tanti e ad oggi sono 26 i Paesi nel mondo che prevedono il matrimonio tra persone dello stesso sesso, un diritto ancora negato in diverse zone. In altri 27 Paesi – tra cui l’Italia – sono previste le unioni civili. Altrettanti i Paesi che permettono alle coppie LGBT di poter adottare. Tematica, quest’ultima (insieme a quella della step-child adoption), che ancora oggi infiamma l’opinione pubblica e politica, a partire da quelle italiane.

L’Europa ‘frena’ sui diritti degli omosessuali

ILGA-Europa, organizzazione indipendente e non governativa che mira a promuovere il rispetto della dignità, libertà ed il pieno godimento dei diritti umani indipendentemente dall’orientamento sessuale (reale o percepito), dall’identità di genere e dalle espressioni di genere e caratteristiche sessuali, nei mesi scorsi ha stilato e diffuso la “Rainbow Map” 2019.

Si tratta di una fotografia chiara che evidenzia il livello di rispetto e di tutela dei diritti degli omosessuali in Europa. Sono in tutto 49 i Paesi presi in esame ed il risultato di questo report è preoccupante. Per la prima volta, infatti, viene segnalata la tendenza dell’Europa a compiere un vistoso passo indietro nel campo dei diritti LGBT. Sono numerosi i Paesi nei quali si segnala una allarmante “stagnazione”, con una vera e propria retrocessione in termini di leggi e di politiche legate alle tematiche di uguaglianza.

Solo dando uno sguardo all’Italia, considerato un Paese gay friendly, occorre raggiungere la 34esima posizione (ranking del 21.53%) prima di poterla trovare nella classifica stilata da ILGA-Europa, perdendo in un solo anno ben due posizioni. In cima troviamo Malta con il 90.35%, mentre alle spalle Belgio (73.08%) e Lussemburgo (70.40%), quest’ultimo fino ad un anno fa ventesimo. Chiude la lista l’Azerbaigian, preceduto da Turchia, Armenia e Russia.

Il report dimostra come nel Vecchio Continente domini ancora un estremismo politico che ha allontanato l’Europa stessa dalla visione di inclusione rispetto ai diritti degli omosessuali.

Diritti degli omosessuali in Italia: il punto

L’Italia ha compiuto degli importanti passi in avanti nell’ambito dei diritti LGBT sebbene siano ancora molteplici gli atti e le ritorsioni omofobici che si registrano quasi quotidianamente.

Le prime proposte di legge per il riconoscimento delle unioni civili e la parificazione delle coppie omosessuali si sono registrati sin dagli Anni Novanta. Solo da maggio del 2016 sono state legalmente riconosciute le unioni civili e le convivenze di fatto.

La recente legge sulle unioni civili – la cosiddetta Legge Cirinnà, dal nome della senatrice del PD, Monica Cirinnà, dalla quale è partita la proposta – è entrata in vigore il 5 giugno 2016 e garantisce gran parte dei diritti (e dei doveri) del matrimonio. Tuttavia, a restare fuori dalla legge è il diritto di poter adottare. Quest’ultimo resta un tema che ha diviso l’opinione pubblica nostrana. Da un recente sondaggio è emerso che solo il 37% si è detto a favore del diritto all’adozione per le coppie LGBT. Ulteriore dovere rimasto fuori dalla legge Cirinnà (e divenuto anch’esso oggetto di ampi dibattiti) è l’obbligo di fedeltà.

Nonostante gli intoppi e un paradossale stop in commissione Giustizia del Senato durato quasi due anni, la sua approvazione ha rappresentato un passo avanti nell’ambito del riconoscimento e della tutela dei diritti degli omosessuali. Basti pensare che il nostro Paese è stato l’ultimo dell’Europa occidentale fino al 2016 ancora sprovvisto di una legge per le coppie omosessuali, motivo per il quale la notizia del voto del Parlamento ha avuto un’eco internazionale.

Sono ancora molti i passi da compiere in Italia al fine di spazzare definitivamente via le incertezze ed i moti di violenza che ancora si registrano nei confronti degli omosessuali. Certo, manca ancora il riconoscimento normativo del diritto alla genitorialità ma la strada intrapresa dal nostro Paese sembra essere quella di una nazione civile, in cui il diritto ad amare così come il “diritto ai figli” – sia quelli già esistenti che quelli da concepire e mettere al mondo – hanno imposto una maggiore attenzione e la richiesta di maggiori chiarezze.

Per fortuna, proprio attorno al delicato e controverso tema dell’omogenitorialità si sono fatti passi da gigante in questi ultimi anni per via giurisprudenziale. Di conseguenza non si sono fatti attendere adeguamenti o addirittura iniziative amministrative da parte di alcuni Comuni che hanno tenuto conto, sempre e comunque, del bene dei figli ancor prima che di quello dei rispettivi genitori.

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