Rapporto Svimez, 2 milioni via dal Meridione italiano

“Trappola demografica”: è quanto messo in evidenza dal Rapporto Svimez

Rapporto Svimez: in 19 anni 2 milioni e 15 mila residenti hanno lasciato il Meridione italiano per espatriare all’estero.

Ciò conferma i risultati di un altro interessante studio che ha messo in evidenza la crescita degli iscritti all’AIRE.

La metà di questa cifra è costituita da giovani under 35enni e quasi 1/5 ha una laurea.

Rapporto Svimez: un nuovo minimo storico delle nascite

Il Report Svimez ha messo in evidenza che il numero di nascite ha raggiunto un nuovo minimo storico: 157.000 nuovi nati nel Meridione italiano, circa 6mila bambini in meno rispetto al 2017.

Rapporto Svimez: sale il gap tra Nord e Sud

Nonostante gli interventi dello Stato e le misure volte a rilanciare il mercato occupazionale, il gap tra Nord e Sud sembra essere cresciuto.

Nell’ultimo decennio il gap occupazionale tra Meridione e Centronord è cresciuto dal 19,6% al 21,6%.

Questa variazione è attestata anche dalla crescita dei posti di lavoro nel Centronord (+137.000) nel primo semestre 2019 contro un netto calo nel Sud Italia (-27.000).

Il Rapporto sottolinea inoltre che il Sud è entrato in “recessione”, con un PIL in calo dello 0,2% contro il +0,3% del Centronord.

Quali sono i rischi per l’economia italiana?

Quali saranno i rischi per lo scenario economico italiano? Tenendo conto di questi cambiamenti demografici e sociali che stanno interessano la Penisola italiana, il Rapporto mette in evidenza che la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centronord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni).

Ciò delineerà uno scenario “insostenibile”, viste anche le conseguenze economiche: tra meno di 50 anni l’Italia perderà quasi un quarto del PIL, il Sud oltre un terzo”.

Critica al Reddito di Cittadinanza

Il rapporto critica aspramente anche reddito di cittadinanza per quanto riguarda il mercato occupazionale: viene definita una misura utile per la povertà, ma il cui impatto sul mercato del lavoro

“è nullo”.

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