Lavoro, Osservatorio Cgil: 8 milioni di italiani in smart working

Cgil presenta “Quando lavorare da casa è… Smart”

Quando lavorare da casa è… Smart”: questo è il titolo dell’indagine condotta dalla Cgil e presentata con Landini e Camusso.

La prima indagine sullo smart working, che è stata promossa dalla Cgil nazionale in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, è stata presentata oggi (18 maggio).

L’indagine “Quando lavorare da casa è… Smart” racconta lo smart working dal punto di vista delle lavoratrici e dei lavoratori.

La survey è stata realizzata attraverso un questionario diffuso online che ha sondato modalità, condizioni e percezioni dell’improvviso accesso al lavoro da remoto.

Smart Working, il questionario

L’indagine, che non ha carattere scientifico, è stata condotta estraendo con metodi probabilistici un campione rappresentativo di lavoratrici e lavoratori da elenchi prestabiliti di nominativi.

Tale survey è stata condotta attraverso un questionario online diffuso a partire dal 20 aprile e chiuso il 9 maggio, contenente 53 domande articolate in quattro aree di ricerca:

  • socio-anagrafica,
  • smartworking,
  • cura (di sé, della casa, di altri),
  • percezioni e atteggiamenti.

Il questionario è stato compilato da 6170 persone, sia da lavoratrici che da lavoratori e con una buona distribuzione per classi di età e per macroaree geografiche

Nel 94% dei casi hanno risposto lavoratrici/lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, dei quali il 73% svolge un lavoro impiegatizio, 20% quadro o funzionario, 2% dirigente.

I titoli di studio sono medio-elevati e questo dato è associato alle tipologie di lavoro che possono essere svolte da casa, in fase di lockdown.

Smart working all’epoca del Covid-19

Dall’indagine è emerso che la stragrande maggioranza di chi ha risposto al questionario è stato catapultato nel lavoro SMART, in corrispondenza dell’avvio delle misure di contenimento del virus.

La quasi totalità dei partecipanti all’indagine ritiene che per lavorare da casa occorrano competenze specifiche.

Nella maggior parte dei casi tali competenze erano già sviluppate, come ad esempio l’uso di strumenti e tecnologie informatiche: il 69% le aveva già ma il 31% non ne era in possesso.

Nella maggior parte dei casi gli spazi per lavorare sono ricavati (50%) oppure si assiste a un nomadismo casalingo (19%).

 

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