Sindrome di Taijin Kyofusho, sempre più diffusa anche in Italia: di cosa si tratta?

Si diffonde a macchia d’olio la sindrome di Taijin Kyofusho: ma cos’è? Vediamo insieme tutti i suoi aspetti

Sindrome di Taijin Kyofusho
Sindrome di Taijin Kyofusho

Riceve il nome della sindrome di Taijin Kyofusho una condizione psicologica caratterizzata dalla presenza di una paura sproporzionata e irrazionale per i propri atti comunicativi, essa è  una specie di fobia molto simile alla fobia sociale.

Il disturbo di Taijin Kyofusho

La sindrome di Taijin kyofusho venne descritta per la prima volta in Giappone. Potremmo tradurre tale complesso di sintomi come  la paura delle relazioni interpersonali.

Mente la caratteristica principale della fobia sociale è la paura di agire di fronte agli altri e di ricevere giudizi negativi. La sindrome di Kyofusho è mossa dalla fobia di offendere gli altri, essa non ha una propria categoria e rientra nel gruppo delle fobie sociali.

Nel mondo occidentale, la cultura nipponica, tende a enfatizzare l’importanza del gruppo sull’individuo, a tal proposito immaginate quanto sia invalidante tale sindrome per le persone affette.

I giapponesi, da sempre, sono noti per la forte tendenza ad auto-correggere il proprio comportamento e di fronte a queste sintomatologia le persone rimangono immerse in uno stato di freezing.

I tratti che compongono il disturbo sono il timore di disturbare o dare fastidio con la propria vicinanza oppure di essere fisicamente sgradevoli.

In Giappone è una sindrome psichiatrica molto conosciuta, mentre in occidente se ne parla appena.

Cosa si nasconde dietro la sindrome di Taijin Kyofusho

Mentre l’ansia sociale può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per paura di comportarsi in modo sbagliato e di venir giudicati. La sindrome di Taijin kyofusho, tipica della cultura giapponese risulta essere una forma di fobia insolita.

Chi ne soffre teme di offendere gli altri attraverso le parole, commenti o semplicemente gesti.

Il sistema diagnostico giapponese descrive quattro sottotipi molto comuni di questo disturbo che vanno dalla paura di arrossire, alla  paura di dar fastidio agli altri, fino a giungere alla paura che gli altri si sentano minacciati o di emanare cattivi odori.

In Italia, pur rientrando nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), viene inserita come categoria propria. Infatti essa è citata, tra gli altri disturbi ossessivo-compulsivi specifici e disturbi correlati.

La verità è che potrebbe essere considerata una variante della fobia sociale, dal momento che sono profondamente legati e basati sul panico per esporsi socialmente.

L’ansia di mostrare un aspetto impeccabile, di eseguire tutta alla perfezione ogni volta che ci si espone in pubblico è dovuta a una profonda insicurezza.

Così come la paura di arrossire, di fare o di dire cose poco intelligenti sono tutte piccole ossessioni che compongono questo disturbo.

Nonostante ciò che si dice che questa sindrome è fondamentalmente un tipo di fobia sociale. Presenta alcune caratteristiche che la rendono unica, basti pensare che le persone che soffrono di questa sintomatologia hanno paura di disturbare o di far vergognare gli altri a causa loro.

Di fronte alle situazioni problematiche il problema non è come si reagisce di fronte a una situazione specifica, ma la paura come reagisce l’ambiente circostante quando ci si espone al suo giudizio.

Un altro aspetto evidente è la comparsa di comportamenti ossessivo compulsivi.

Mentre le persone affette da fobia percepiscono angoscia, vergogna e ansia quando si trovano in presenza di altri, implica la paura che la nostra esposizione alla società possa essere una seccatura.

Come affrontare e curare la sindrome di Taijin Kyofusho

I primi trattamenti furono eseguiti nel 1910 dal dottor Shoma Morita. L’approccio terapeutico dell’epoca era basato sulle seguenti strategie, il paziente veniva seguito in una specifica struttura medica ed isolato dagli altri.

Il trattamento era focalizzato sulle tecniche di rilassamento e il riposo. Risultava essenziale avere un diario ed annotare tutto ciò che l’utente viveva.

Venivano promosse ed incentivate attività manuali come il giardinaggio. Infine era indispensabile al fine del raggiungimento del successo terapeutico seguire le lezioni del dott. Morita.

Il medico giapponese, a partire dagli anni 30 variò alcuni aspetti del trattamento e introdusse la terapia di gruppo e la somministrazione di farmaci.

Attualmente il metodo del dott. Morita è ancora utilizzato in Giappone. Di solito si ricorre alla terapia cognitivo-comportamentale basata sull’esposizione, lavorando sui sintomi e gli aspetti comportamentali come l’autostima e mediando con le tecniche di rilassamento.

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