Roma, il covid divampa nel campo rom: 48 bambini positivi

Nell’area Rom più grande d’Italia l’indice di positività al covid-19 è alto. Le autorità sanitarie stanno vagliando la situazione riguardo una comunità con cui la capitale convive a colpi di denunce e qualche confisca.

Campo della Speranza - Focolaio
Campo della Speranza, Roma – Leggo

Il coronavirus è divampato nel Villaggio della Speranza, a Castel Romano.

Il focolaio della cittadella

Al dramma umano proprio di quest’angolo della capitale, si innesta quello sanitario. Chi conosce bene le condizioni di vita al limite, tra emarginazione e povertà, adesso vive anche il propagarsi del coronavirus sul proprio corpo e quello delle persone amate.

È stato il decesso di un uomo di 47 anni a causa del covid-19, facente parte della comunità rom di circa 500 persone, a indurre una verifica. Così le persone più fragili sono state sottoposte agli esami per rilevare la presenza del virus.

I risultati riportano moltissimi casi positivi tra cui 48 bambini.

La situazione è difficile da affrontare. Le traiettorie di queste vite, molte delle quali sprovviste di documenti d’identità, sono difficili da rintracciare e quindi anche le eventuali trasmissioni epidemiologiche.

I bambini frequentano le scuole dei dintorni, tra Spinaceto, Toe de’ Cenci e Eur.

Poiché non sono praticabili le consuete regole di contenimento, si parla di delimitare quella piccola cittadella fatta di roulotte e carcasse di automobili.

Al momento la situazione è ancora sotto il vaglio delle autorità sanitarie, a loro spetta di decretare se fare di quell’area sgangherata una piccola zona rossa.

Condizioni insalubri

Il campo rom aveva già destato qualche problema alla giunta capitolina.

Erano varie le infrazioni cui la comunità è stata accusata dalla popolazione, tra incendi tossici quotidiani e sverzi di rifiuti virulenti.

Pertanto la Procura di Roma la sottopose a sequestro e ne nominò custode giudiziario la sindaca Virginia Raggi, a cui spetta l’onere della bonifica e della protezione sanitaria.

La asl di competenza già aveva appurato scarsissime condizioni igieniche all’interno della baraccopoli, terreno fertile per l’attecchire di malattie.

 

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