Psichiatra del carcere di Rebibbia incriminata di omicidio colposo

Il 18 settembre di due anni fa, Alice Sebesta, di nazionalità tedesca assassinò i suoi figli, mentre si trovava nel carcere di Rebibbia.

La donna li lanciò giù dalle scale nella sezione femminile.

Prosciolta per vizio totale di mente

I fatti imputati alla tedesca Alice Sebesta risalgono al 18 settembre di due anni fa.
La donna all’epoca era nel carcere romano di Rebibbia, quel tragico giorno uccise i due figli, Faith e Divine, buttandoli giù dalla tromba delle scale nella sezione femminile.

Nel corso del processo a suo carico, la cittadina tedesca ha ricevuto un’assoluzione dall’accusa di aver ucciso i propri figli, per vizio totale di mente.

Tuttavia se non sarà lei a pagare per la morte delle due creature, al suo posto potrebbe pagare la psichiatra del carcere, in quanto la dottoressa non avrebbe visitato la donna per ben tre volte.

La figlia della donna, che aveva solo sei mesi, morì subito mentre il secondo figlio è deceduto a causa del trauma per la caduta, pochi giorni dopo, all’ospedale pediatrico Bambino Gesù.

“Li ho liberati, ora stanno bene”

sono state le parole pronunciate tra le lacrime subito dopo l’omicidio.

Incapace di intendere

Secondo una perizia psichiatrica richiesta dal giudice, Alice Sebesta è stata  definita incapace di intendere e di volere, tuttavia proprio perché giudicata incapace, in carcere al suo posto potrebbe andarci la psichiatra che, nonostante le ripetute richieste, non ha visitato la donna che ha compiuto l’insano gesto.

Come riferisce Fanpage, ora il medico è sottoposto a indagine con l’accusa di omicidio colposo. 

La procura di Roma nella persona del procuratore Eleonora Fini ha avanzato la domanda di rinvio a giudizio per la morte dei due bambini.

La psichiatra aveva avuto più volte la richiesta di controllare la donna, dal comandante del reparto e dal personale dell’asilo.

Sebesta era stata condotta in carcere il 28 agosto, e da subito aveva dato segni di squilibrio mentale, tanto che le stesse detenute, compagne di cella della donna, si erano mostrate

“preoccupate per la propria incolumità e per quella dei loro figli”.

Ciononostante la psichiatra non aveva ritenuto giusto visitare la paziente.

L’assurdo è che lo stesso giorno che la donna ha ucciso i suoi figli era stata fatta un’altra richiesta di visitare la detenuta.

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