Il discorso di Putin alla cerimonia di annessione e perché è una guerra totale all’Occidente

È un Vladimir Putin carico d’odio, quasi rabbioso, e quindi intimorito, quello che parla in occasione del discorso alla cerimonia di annessione dei territori ucraini dopo i referendum farsa. La guerra ormai è uno scontro totale all’Occidente, se mai si era limitata solo all’est, anche sotto il punto di vista ideologico. E nonostante la frase “Kiev cessi il fuoco, siamo pronti ai negoziati”, la sensazione è che la fine sia sempre più distante. Analizziamo cosa ha detto Putin e la reazione dell’Europa.

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Vladimir Putin – lettoquotidiano.it

Oggi è un giorno storico, nel male in questo caso, per l’Ucraina, la Russia e tutto il mondo. Un giorno che verrà ricordato come quello in cui ha firmato i trattati di annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. E anche per le sue parole che da un lato intimoriscono e dall’altro indicano la necessità di dare una risposta forte e precisa. Semplicemente univoca. E l’Europa, come gli Stati Uniti, almeno in questo, non possono farsi trovare impreparati. Il discorso di Vladimir Putin è essenzialmente inaccettabile, senza farsi illudere da quel “siamo pronti ai negoziati” che potrebbe suonare come la fine dell’incubo, ma che è solo un urlo disperato di chi la guerra la sta perdendo e con la prepotenza, ledendo diritti e regole internazionali, sta cercando di arrivare comunque al suo obiettivo.

Il discorso di Putin in ogni suo punto. La guerra è a tutto l’Occidente nelle sue radici profonde

Putin è andato oltre. L’ha fatto con l’invasione illegittima dell’Ucraina, ha proseguito con i crimini di guerra dei russi, che comunque dovrà pagare, e ancora lo sta facendo sotto il profilo verbale. Perché le dichiarazioni arrivate oggi in occasione dell’annessione dei territori ucraini rasentano la follia e inquadrano un uomo sempre più solo al comando, ma con uno scettro che scotta e un conflitto che inaspettatamente gli è sfuggito di mano.

Dopo un minuto di silenzio per gli ‘eroi’ di guerra, il leader del Cremlino apre così la sua disamina: “Voglio che mi sentano a Kiev e che mi sentano in Occidente: le persone che vivono nel Lugansk, nel Donetsk, a Kherson e Zaporizhzhia diventano nostri cittadini per sempre. Difenderemo la nostra terra con tutti i mezzi a nostra disposizione“. Il senso iniziale, e che poi è anche quello finale, è quindi un messaggio forte e chiaro agli avversari sul campo: non provate a contrattaccare, perché tanto ormai quei territori vengono considerati russi a tutti gli effetti. Sì, ma solo da Putin, perché non solo l’Europa e gli Stati Uniti hanno già annunciato in più occasioni che non considerano legittimi i referendum farsa, ma anche la Cina che, in teoria, dovrebbe essere ‘alleata’ della Russia.

Poi Putin fa sentire a gran voce un annuncio che sta già facendo il giro del mondo: “L’Ucraina deve cessare il fuoco cominciato nel 2014, siamo pronti a tornare al tavolo dei negoziati. Ma l’annessione delle quattro regioni ucraine non è più in discussione”. E su quell’argomento il leader russo non ha più intenzione di tornare, ma dovrà farlo per forza, perché non si può sottostare alle sue smanie di potere, accettando la lesione di regole internazionali che sono valide per tutti e quindi anche per il Cremlino. La strategia comunque è chiara e forse è anche superfluo tornarci sopra, ma per completezza è doveroso farlo: nel momento in cui dovesse arrivare un attacco diretto al territorio russo, Putin si sentirebbe giustificato all’utilizzo dell’arma nucleare. E, quindi, una controffensiva per la riconquista dei quattro territori annessi illegalmente potrebbe essere pagata a caro prezzo dall’Ucraina.

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Vladimir Putin – lettoquotidiano.it

Il numero uno del Cremlino, inoltre, come tutti gli uomini in difficoltà, giustifica il suo operato: “Ora la Russia si è ripresa e ha riconquistato il suo posto nel mondo dopo i tragici anni ’90. La gente moriva di fame“. Poi inizia qualcosa di più profondo, che non sono solo le dinamiche di guerra e le strategie militari, ma un attacco totale e forte all’intero Occidente, reo di aiutare l’Ucraina, ma che viene accusato da Putin in molti dei suoi principi cardine: “È un delirio, un inganno vero e proprio, con doppi e tripli standard, quello dell’Occidente. Con tutte queste regole false, la Russia non ha intenzione di vivere“. Un messaggio che potrebbe tranquillamente tradotto in “Non vivremo alle regole dell’Occidente”, e non è affatto di poco conto.

E tornando al tema del nucleare, anche lì Putin ha dimostrato anche oggi che non sta bluffando. E l’ha fatto con una delle strategie tipiche dei russi: la propaganda. Così come gli invasori hanno più volte dato la colpa agli ucraini, stavolta lo stesso schema è a carico degli USA: “Gli Stati Uniti sono l’unico Paese al mondo ad avere usato le armi nucleari due volte, a Hiroshima e Nagasaki, stabilendo così un precedente”. Un precedente reale, sicuramente, ma che storicamente e militarmente non può essere strumentalizzato da Putin per replicare tanta ferocia e distruzione.

Il leader del Cremlino poi, citato dalla Tass, mostra anche la sua arretratezza rispetto ai diritti civili: “Vogliamo che in Russia ci siano il genitore 1 e il genitore 2 invece di mamma e papà? Siamo completamente impazziti? Vogliamo che i nostri bambini siano indottrinati sul fatto che ci sono altri generi?”. E qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte, probabilmente sul progressismo e sui conservatori in generale, ma il messaggio è più ampio ed è quello di una Russia sempre più chiusa sulle sue posizioni, mentre il mondo, in diverse parti, sta correndo. È come se Putin volesse bloccare il tempo al suo dominio ideologico e territoriale, farlo con la prepotenza, con i paraocchi e con la barbarie.

Poi il mirino si sposta ulteriormente e passa all’Unione europea: “Facendole abbandonare le forniture di idrocarburi dalla Russia, gli Stati Uniti stanno portando l’Europa alla deindustrializzazione“. E l’attacco è diretto alla leadership dei maggiori Stati: “I politici dell’Ue lo capiscono, ma tradiscono i loro Paesi”. Parole gravi che dimostrano come la guerra non possa più assolutamente essere considerata sotto il profilo militare, ma è molto di più e, quindi, con confini molto meno definitivi e stretti.

L’Unione europea condanna fermamente i referendum farsa

Le risposte alle azioni e alle strategie di Putin non potevano mancare e sono arrivate da Joe Biden che ha per l’ennesima volta affermato di non considerare assolutamente legittimi i referendum farsa, e poi dall’Unione europea. I 27 membri del Consiglio Europeo si sono fatti sentire e hanno, anche loro, dichiarato di respingere e condannare “fermamente” le annessioni portate a termine da Putin nelle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Le parole sono forti: “Hanno deliberatamente violato l’ordine internazionale basato sulle regole e violato palesemente i diritti fondamentali dell’Ucraina all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale”. Scelte che erano già state dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale, come vi avevamo scritto già in precedenza e che non possono essere accettate passivamente, anche se il rischio è quello di un’ulteriore escalation della guerra.

Ancora i leader dell’Unione europea difendono le prossime mosse che potrebbe compiere l’Ucraina: “Sta esercitando il suo legittimo diritto di difendersi dall’aggressione russa per riacquistare il pieno controllo del suo territorio”. Il messaggio è chiaro: i referendum non contano, non per noi, l’Ucraina può continuare a liberare le sue regioni invase. La risposta Ue è forte e inappuntabile: un messaggio chiaro a Putin. Tutte le minacce, il ricatto nucleare, la strategia di Putin in guerra con i referendum farsa e la mobilitazione parziale non smuoveranno la “determinazione dell’Unione europea”. Nessuno ha intenzione di cedere alle accuse e alle minacce del leader del Cremlino e, per questo, la fine è ancora lontana, ma con motivazioni più alte e comprensibili.

La reazione dell’Unione europea non arriva solo a parole, ma anche nei fatti. E non solo con gli aiuti all’Ucraina. Infatti, la Commissione ha chiesto di rivedere o addirittura di revocare i visti che erano stati precedentemente emessi per i cittadini russi. Si sta parlando dei visti a lungo termine, che hanno una durata superiore ai 90 giorni. La scelta è arrivata è arrivata, in seguito alle ultime mosse di Putin e all’inasprimento di una guerra che è anche sempre più diplomatica tra tutte le parti in causa, e quindi anche l’Europa.

Una risposta è arrivata anche dall’Italia e, in particolare, da Giorgia Meloni che ha appena vinto le elezioni del 25 settembre con Fratelli d’Italia e sarà la prossima presidentessa del Consiglio. In una nota ha dato fede alle sue posizioni atlantiste, condannato fermamente le presunzioni di Putin: “La dichiarazione di annessione alla Federazione russa di quattro regioni ucraine dopo i referendum farsa non hanno alcun valore giuridico o politico”. E poi inchioda il numero uno russo: “Putin dimostra, per l’ennesima volta, la sua visione neo imperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell’intero continente europeo. Meloni è chiara nell’affermare, visti gli ultimi atti della Russia, la “necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali”. La direzione può essere solo quella e nessuno vuole metterla in discussione, a prescindere dalle proprie posizioni politiche interne: il Cremlino va fermato, l’Ucraina aiutata, e da questi principi nessuno può smuoversi.

 

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