Quando un partito può dirsi soddisfatto (o no) del risultato elettorale

A secco di sondaggi da due settimane, i partiti politici che si sono candidati alle elezioni del 25 settembre lunedì potrebbero ricevere delle sorprese (oppure no) dai risultati delle urne. Non tutti, però, hanno le stesse aspettative e potrebbero considerare un successo o un fallimento arrivare a certe percentuali.

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Antonio Tajani, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Luciano Fontana. Enrico Letta e Carlo Calenda – lettoquotidiano.it

A contare, poi, sono anche il recente passato e i seggi che effettivamente potrebbero riuscire a strappare ai diretti concorrenti. Da Fratelli d’Italia a Unione popolare, passando per il Partito democratico, la Lega e il terzo polo, vediamo insieme a quali cifre si potrebbe parlare di vittoria e a quali di batosta.

I risultati elettorali di lunedì non si possono leggere alla stessa maniera: FdI, Pd, Lega e M5s a confronto

Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, il Partito democratico del segretario Enrico Letta, la Lega di Matteo Salvini e il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte sono i quattro partiti che, stando agli ultimi sondaggi prima dello stop per la par condicio, erano dati in vantaggio rispetto agli altri, più o meno in questo ordine.

Se FdI e il Carroccio possono avere una storia simile, molto diversa è quella tra il Pd e i Cinque stelle e, quindi, molto diverse sono le aspettative per il voto di domenica 25 settembre.

Lo schieramento di Meloni, nato appena dieci anni fa, ha conosciuto le luci della ribalta da poco più di due anni. In pratica, dal 4% delle politiche del 2018, è cresciuto così tanto (per qualsivoglia ragione) da essere il candidato numero uno alla vittoria di questa tornata elettorale. Se sarà un vero successo, o se si parlerà di “un partito che non ha sfondato” lo diranno solo i numeri, e quindi se raccoglieranno più del 25% (percentuale al quale non si sono mai spinti neanche nei dati) o se saranno sotto il 20%.

Letta Meloni
Enrico Letta e Giorgia Meloni – lettoquotidiano.it

Quanto al Pd, ormai accreditato al secondo posto, si tratterebbe comunque, avrebbe detto Gabriele D’Annunzio, di una vittoria mutilata. In realtà, però, non è detto che lo sia. Scendere sotto il 19%, percentuale storica in ribasso raggiunta da Matteo Renzi, vorrebbe dire uscire con le ossa rotta, peggio se si venisse superati anche da Lega e pentastellati o da uno dei due. Se, invece, si riuscissero a strappare quei cosiddetti collegi contendibili e arrivare al di sopra del 20%, Letta potrebbe anche tornare a candidarsi per la segreteria del partito a marzo.

Il discorso su Salvini è decisamente più complicato, sia perché qualche rilevazione aveva già mostrato un sorpasso da parte del movimento di Conte, sia perché, nel giro di qualche anno, il Capitano avrebbe disperso un patrimonio di voti che aveva fatto registrare, alle europee del 2019, un record, che ora sarebbe stato molto utile. Oltretutto, la Lega potrebbe abdicare ai compagni di coalizione anche in un territorio, il Nord, che è sempre stato il fortino su cui fare affidamento. Non possiamo stimare quale sia la cifra sotto cui si potrà parlare di una Caporetto, fatto sta che a uscirne più ridimensionato potrebbe essere soprattutto Salvini.

Per il MoVimento di Beppe Grillo, invece, qualsiasi risultato potrebbe essere salutato come un successo. Nel sali e scendi di percentuali che ha caratterizzato gli ultimi anni dei pentastellati, da quando si è rotto il patto per il governo di Mario Draghi, i numeri sono iniziati a risalire. Certo, sarebbe un bicchiere mezzo pieno considerato che poco più di quattro anni fa avevano raggiunto il 33% dei voti, ma nel mezzo ci sono stati così tanti ostacoli e un potere che logora che, comunque andrà, si potrà sorridere.

Terzo polo e Forza Italia: dove sorride uno, non lo fa l’altro e viceversa. Per gli altri (forse) basta la soglia di sbarramento

La storia di Azione e Italia Viva, quindi del terzo polo di Carlo Calenda e Renzi, e Forza Italia di Silvio Berlusconi è praticamente agli antipodi, sia nell’arco parlamentare, sia in termini di storia vera e propria. A non essere così distanti, però, sono i possibili elettori, secondo alcuni addirittura sovrapponibili.

In una situazione simile, rubandosi voti a vicenda, è possibile che vincendo l’uno, perderebbe l’altro e viceversa. Peccato, però, che l’ex candidato sindaco di Roma abbia alzato di molto l’asticella – vorrebbe arrivare in doppia cifra e superarla -, mentre il Cavaliere vuole avere uno spazio abbastanza confortevole al governo da non dover sottostare ai capricci dei due alleati, decisamente in vantaggio.

Per gli altri partiti, ancora, superare la soglia di sbarramento del 3% potrebbe essere già un successo, ma ci sono casi e casi. L’alleanza di Sinistra Italiana con Europa Verde potrebbe viaggiare anche sopra la percentuale minima, mentre Italexit per l’Italia di Gianluigi Paragone, +Europa di Emma Bonino, Impegno Civico di Luigi Di Maio e Unione popolare di Luigi De Magistris potrebbero rimanere al di fuori del Parlamento, e no: non potrà mai essere considerata una vittoria, neanche se si è partiti dal nulla.

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