Alla Camera potrebbero esserci dei problemi nella prossima legislatura. Al Senato no

Con il taglio dei parlamentari (e anche la legge elettorale), la prossima legislatura alla Camera potrebbe non iniziare sotto i migliori auspici. Nonostante i tentativi del presidente, Roberto Fico, a Montecitorio non hanno cambiato i regolamenti parlamentari sia per quanto riguarda il numero di deputati che servono per formare un gruppo parlamentare, sia per il numero e le competenze delle Commissioni permanenti.

Camera
La Camera dei deputati nella XVIII legislatura – lettoquotidiano.it

Un problema procedurale che, invece, non avranno al Senato. Il 27 luglio, infatti, da Palazzo Madama hanno approvato il nuovo regolamento con 210 voti favorevoli, undici contrari e solo due astenuti. La disciplina, prevista dalla Costituzione, permette ai senatori, tra le altre cose, di poter restare anche senza un gruppo parlamentare se non se ne dovesse trovare un altro nel giro di tre giorni.

La Camera non ha cambiato i regolamenti parlamentari: un problema per i deputati della prossima legislatura

Uno dei temi su cui si era dibattuto di più durante l’approvazione della legge costituzionale sul taglio dei parlamentari era la necessità di mettere mano ai regolamenti, parlamentari chiaro, che sono previsti dall’articolo 64 della Costituzione.

Addirittura, il Partito democratico, prima reticente nel votare la riforma che avrebbe sfoltito di un terzo deputati e senatori, nel momento in cui aveva trovato un accordo con il MoVimento 5 stelle per la nascita del secondo governo guidato da Giuseppe Conte aveva messo la rivisitazione dei regolamenti come conditio per il voto di fiducia.

Le cose sono andate in maniera diversa da come ci si aspettava: la legge è passata sì, per i voti dei dem, ma anche per scelta dei cittadini, che al referendum del settembre del 2020 hanno confermato la volontà di eleggere non più 945 parlamentari, ma 600. In mezzo, inoltre, c’è stata una pandemia e qualche mese più tardi, in effetti, è caduto anche l’esecutivo che Pd e Cinque stelle formavano insieme. Insomma: di tempo per approvare con la maggioranza assoluta i nuovi regolamenti di Camera e Senato ce n’è stato poco.

Tra i due rami del Parlamento, però, nella prossima legislatura ci saranno delle differenze, perché da Palazzo Madama, in tutta fretta, hanno licenziato una riforma, mentre a Montecitorio, e nonostante le pressioni del presidente Roberto Fico, no. Prima di parlare dei cambiamenti per i senatori, però, cerchiamo di capire quali sono i problemi che invece incontreranno i deputati dal 13 ottobre, giorno in cui si riuniranno per la prima volta le nuove Camere.

Al di là degli equilibri parlamentari dell’indomani del voto del 25 settembre, su cui peserà anche la legge elettorale, le difficoltà maggiori potrebbero esserci nell’organizzazione dei lavori e negli assetti delle forze politiche.

Come previsto dall’articolo 14, comma 1, per dar vita a un gruppo parlamentare, a cui “sono assicurate a carico del bilancio della Camera le risorse necessarie allo svolgimento della loro attività“, il numero minimo di componenti è fissato in 20. Il 3,17%, in pratica, rispetto alla precedente composizione, ma il 5% per quanto riguarda quella che verrà.

Nel comma 2 dello stesso articolo, però, viene specificato che l’Ufficio della Presidenza può ammettere in deroga anche gruppi sottorappresentati, a patto che “rappresenti un partito organizzato nel Paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno venti collegi, proprie liste di candidati, le quali abbiano ottenuto almeno un quoziente in un collegio e una cifra elettorale nazionale di almeno trecentomila voti di lista validi“.

Più spinosa è la questione del numero e delle competenze delle commissioni permanenti, restati gli stessi, dicevamo, nonostante la riduzione del numero dei deputati da cui selezionare i componenti, e quindi con il rischio che si possano creare ingorghi sia nella programmazione e nel calendario dei lavori, sia nei commissari dei singoli organismi.

Come è cambiato il regolamento al Senato: dai gruppi parlamentari alle commissioni permanenti

La riforma, però, in questo senso c’era, e prevedeva anche il rispetto del patto tra elettori ed eletti, ma è rimasta incagliata perché non ha ricevuto il voto unanime della Giunta del regolamento, richiesto dopo lo scioglimento delle Camere per poter approvare modifiche al testo originario. Cosa che non è successa a Palazzo Madama.

Casellati
Maria Elisabetta Alberti Casellati – lettoquotidiano.it

Il 27 luglio, dopo il via libera della Giunta, infatti, l’aula del Senato ha licenziato con 210 voti favorevoli, undici contrari e due astenuti il nuovo regolamento che prevede la riduzione a dieci delle commissioni permanenti – che prima erano 14 -, con un accorpamento e un ridimensionamento delle competenze.

La commissione Affari costituzionali, ovvero la prima, si occuperà degli affari della presidenza del Consiglio e dell’Interno, dell’ordinamento generale dello Stato e della pubblica amministrazione, dell’editoria e della digitalizzazione, mentre quelle della Giustizia, del Bilancio e delle Finanze rimarranno uguali. Sono state unite le commissioni Esteri e Difesa, così come quella per la Cultura e il patrimonio culturale che si occuperà di istruzioni pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, quella per l’Ambiente, transizione ecologica, energia e innovazione tecnologica, quella dell’Industria, commercio e turismo e quella degli Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale.

Per quanto concerne, invece, la commissione Politiche dell’Unione europea, potranno essere invitati, ma senza diritto di voto, anche i membri del Parlamento europeo che “potranno formulare osservazioni e proposte con riguardo ai lavori della commissione“.

A essere cambiata di più è la disciplina nella composizione dei gruppi parlamentari, che non dovranno più essere costituiti da dieci senatori, ma solo da sette, lasciando quindi il rapporto invariato. Se è stato eletto anche solo un senatore di un partito, questo si può unire al gruppo più ampio dei senatori che si sono presentati nella stessa coalizione alle elezioni.

La possibilità di creare nuovi gruppi durante la legislatura viene data solo a patto che siano composti da almeno dieci senatori e siano “rappresentativi di un partito o un movimento politico – del quale assumono il contrassegno – che nella legislatura abbia presentato alle elezioni politiche, regionali o del Parlamento europeo propri candidati, conseguendo l’elezione di propri rappresentanti“.

Tra le novità, anche la possibilità di non essere iscritti ad alcun gruppo parlamentare sia per chi lascia il suo, sia per chi viene espulso, salvo che entro tre giorni non abbia già aderito a un altro gruppo. I componenti dell’Ufficio di Presidenza che, però, lasciano il gruppo di appartenenza al momento dell’elezione “decadono dall’incarico“. La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sarà composta da soli 19 senatori anziché 23 e sarà presieduta da un senatore nominato fra i membri dei gruppi dell’opposizione.

Impostazioni privacy