Marche: dopo l’alluvione 13 corsi d’acqua sono ancora a rischio

L’alluvione nelle Marche ha lasciato tutta l’Italia a bocca aperta. Per comprendere la portata di quello che è accaduto, basti pensare che solo giovedì scorso, nell’arco di 7 ore nella zona di Cantiano si sono registrati 420 ml di pioggia. E questa è la quantità di acqua che in genere cade cade in sei mesi in media. E già questo ci fa comprendere la portata del pericolo. Il problema poi è anche un altro: ci sono 13 corsi d’acqua sul territorio marchigiano e sono praticamente tutti a rischio. 

Alluvione
Alluvione – Lettoquotidiano.it

L’alluvione nelle Marche è stato davvero inaspettato? Sì, ma i danni non lo sono del tutto. Nel senso che è già dagli anni ’80 che si sa che alcuni corsi d’acqua nella Regione sono a rischio. Ma nessuno ha fatto nulla fino ad ora. Il pericolo, quindi, c’è ancora.

L’alluvione nelle Marche: il pericolo non è finito

L’alluvione nelle Marche ha allertato davvero tutti. Quello che è successo è davvero preoccupante e la paura è che i danni possano non essere finiti.

Giovedì solo nella zona di Cantiano si sono registrati 420 ml di pioggia. Tutto questo nell’arco di sole 7 ore, considerando che questa quantità di pioggia in genere cade in sei mesi in media. E già questo ci fa comprendere la portata del pericolo.

Il problema è il seguente: ci sono 13 corsi d’acqua sul territorio marchigiano e, come ha affermato Claudio Netti, presidente del Consorzio di Bonifica Marche, sono praticamente tutti a rischio.

Cosa li rende “pericolosi potenzialmente”? Diversi fattori, sommati tra loro. In primis, i lavori di manutenzione sono stati non abbastanza efficienti. In secondo luogo, la cementificazione ha fatto diversi danni. E poi – cosa non meno importante ovviamente – la crisi climatica non aiuta di certo.

Vigili del Fuoco
Vigili del Fuoco – Lettoquotidiano.it

Nelle Marche, infatti, il dissesto idrogeologico è un problema irrisolto da tempo immemore. Quello che è accaduto è solo un’occasione in più per riparlarne, ma il problema esiste da decenni ormai.

Gli studi per comprendere la portata dei danni futuri

Per capire quindi la portata dei danni che potrebbero verificarsi un domani, il Consorzio di Bonifica ha preparato due studi.

Il primo riguarda la mappatura dei principali problemi legati ai corsi d’acqua regionali. Il secondo, invece, riguarda lo status del fiume, tra passato, presente e futuro. Quest’ultimo sarà condotto dall’Ispra con il metodo Idraim.

Quali sono i corsi d’acqua a rischio? Il Misa innanzitutto, ma anche il Nevola (un suo affluente), l’Aso, il Tesino, il Tronto e il Tenna. Il problema è il seguente: qualora dovessero verificarsi eventi eccezionali, questi potrebbero esondare.

Ma non è una novità: già negli anni ’80 questi erano ritenuti a rischio, tanto da necessitare già nel 1982 di alcuni interventi. Si trattava della cassa di laminazione o di espansione, ma i lavori sono stati appaltati solo quest’anno.

A questo si aggiunge anche il fatto che il cambiamento climatico ha reso tutto più problematico e di certo non ha affatto aiutato, anzi, ha creato ulteriori danni.

E ancora, la cementificazione del suolo ha reso la zona ancora più pericolosa, soprattutto se si considera che le abitazioni sono state costruite troppo a ridosso dei corsi d’acqua.

Qui subentra un ulteriore problema. Stando a quanto affermato dal Consorzio di Bonifica, se si volesse sistemare tutto, la somma da spendere ammonterebbe ad un miliardo di euro.

Ma comunque in ogni caso il rischio c’è e quindi si rendono necessarie delle opere di “sensibilizzazione e informazione dei cittadini” e dovrebbero essere fatte anche delle “esercitazioni di protezione civile”.

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