Da Zelensky a Mosca nessun passo indietro: “Negoziati impossibili”

Da febbraio il mondo è stato sconvolto da una guerra che non sembra avere alcuna intenzione di concludersi, per volontà delle parti in causa, ovviamente. Russia e Ucraina, in ogni caso, non indietreggiano e, anzi, nelle ultime ore hanno ribadito la loro ferrea volontà di non accettare le condizioni dei nemici nel conflitto. E sono parole importanti, che arrivano direttamente da Mosca e, nel caso dell’Ucraina, da Volodymyr Zelensky.

Zelensky
Volodymyr Zelensky – lettoquotidiano.it

Non smette e non smetterà. Inutile farsi illusioni su compromessi, tavoli, road map e chi più ne ha più metta. Almeno non a breve. No, perché la guerra cieca e distruttrice sta avendo la meglio su qualsiasi forma di razionalità. Le voci delle ultime ore ce l’hanno fatto comprendere una volta di più, che arrivino da Kiev o da Mosca. Ognuno con le sue ragioni e i suoi interessi: irremovibili, come la necessità del mondo di tornare in pace. Ma oggi come oggi sembra un’utopia per Ucraina e Russia. Intanto la controffensiva va avanti e, ancora, anche le strategie militari e la propaganda del Cremlino. E, come un fiore dal cemento, arriva l’ennesimo appello di Macron, che vuol dire Europa, per intimare i vicini nemici a smettere: inascoltato, evidentemente.

Russia e Ucraina continuano a farsi la guerra: nulla cambierà all’improvviso

Loro da una parte, quegli altri dall’altra. E l’Europa in mezzo, come gli Stati Uniti, la Turchia, la Cina e il mondo, ma ognuno ben schierato verso i propri interessi e le proprie bandiere, di parte. Le stigmate dei valori morali, della pace, della Nato, di chi si vuol dimostrare di essere indirizzano e soprattutto hanno indirizzato nella storia. Ma quando la via è cieca e i paraocchi sono ben installati ai lati della fronte, la vista cessa e inizia una corsa incessante verso la morte.

Sarà filosofia, sarà prosopopea, ma in realtà è solo il terreno su cui si fondano le guerre, per poi costruirci sopra palazzi di sabbia bagnata, destinati a diventare macerie. Le ultime ore ce l’hanno confermato, che si andrà avanti così e senza guardarsi indietro. Né alla distruzione, né ai morti, né all’aberrazione della dignità umana. E lo sapete già di chi sono le colpe maggiori, ma non esclusive.

Putin
Vladimir Putin – lettoquotidiano.it

Le voci delle ultime ore hanno disegnato un quadro del genere, la cui pittura è stata lanciata con rabbia e vigore da entrambe le parti in causa. Iniziamo da quella dell’Ucraina: in questo caso, è toccato ancora a Volodymyr Zelensky esprimere la posizione dei suoi, e l’ha fatto durante un’intervista alla Cnn. Il presidente ha affermato che qualsiasi dialogo, negoziato e tavolo con Vladimir Putin, il suo omologo russo, è oggi “impossibile”. Zelensky punta il dito ancora una volta contro la Russia, accusata di non essere costruttiva. E, infine, ha tuonato una chiusura a doppia mandata: “Non parlerò con chiunque mi faccia degli ultimatum”.

La posizione di Zelensky non è di un uomo che ha chiuso i rapporti con pace e stabilità, in nome di qualsiasi barbarie e/o sete di potere. È la voce di un uomo assalito dalla Russia e che conosce bene i modi in cui il Cremlino ama schiacciare gli avversari, anche a suon di menzogne e zero aperture. Senza sì, ma o forse. Alla Cnn, il presidente ucraino ha anche ribadito come non abbia intenzione di iniziare alcuna contrattazione fino al ritiro delle truppe di Putin dalla sua terra. E poi ha aggiunto un’altra stilettata niente male: “Nessuna sanzione verrà revocata”. Per poi non mettere la retromarcia, anzi rincarare la dose. Infatti, secondo Zelensky non solo le sanzioni della guerra non potranno essere revocate, ma solo dopo la fine del conflitto si potrà parlare di risarcimenti e pagamenti, ma dalla Russia all’Ucraina, per rivalersi dell’invasione. Il presidente ucraino parla anche del possibile coinvolgimento di nazioni terze nei negoziati e in questo caso arriva un’apertura, ma, in ogni caso, solo dopo che Putin avrà ritirato le truppe. La prima e vera condizione per uno spiraglio di luce nel buio del tunnel della guerra, almeno per l’Ucraina. Zelensky che non ha comunque perso occasione, nelle ultime ore, per definire i nemici come “terroristi”.

Se passiamo, invece, alla Russia e alla posizione del Cremlino, la visione cambia completamente e viene ribaltata. In questo caso, la voce più autorevole è quella del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che tanto si sta esponendo nelle ultime settimane per tracciare la linea russa. Beh, anche lui ha chiuso a qualsiasi dialogo, dato che ha affermato, in occasione di un punto stampa che al momento non ci sono prospettive per una ripresa dei negoziati con l’Ucraina. Anzi, ha aggiunto anche che manca qualsiasi prerequisito affinché essi si verifichino.

Se dal portavoce russo è arrivata una chiusura, da Dmitry Medvedev è stato costruito un portone blindato. Infatti, non ci ha messo tanto a dire che per lui la fine della guerra ci sarà quando si verificherà la resa totale dell’Ucraina e alle condizioni della Russia. Una richiesta impossibile da ricevere e arrivata tramite Telegram. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa ha lanciato una risposta chiara e netta a Zelensky, ricordandogli che gli ultimatum li conosce già e che l’unico modo per farla finita è “la totale capitolazione dell’Ucraina alle condizioni desiderate dalla Russia”. Quando non si parla, ma si strepita, insomma.

E non è finita qui, perché sulla questione si è esposto anche il ministro degli Affari esteri della Russia, Sergey Lavrov. La sua posizione, a dire il vero, è un po’ più moderata, dovuta anche al suo ruolo e quindi al ministero che presiede. Lavrov, comunque, ha detto di non rifiutare a prescindere, ma ha anche avvertito i nemici senza troppe maschere: più a lungo si andrà avanti con la guerra, più sarà difficile scendere a patti. E questo è inevitabile.

E a proposito della propaganda della Russia, oggi è arrivato un altro annuncio importante da parte di Vladimir Putin. Parole che provengono da una riunione dedicata all’economia, e quindi si riferiscono essenzialmente a quello. C’è da dirvi che anche di fronte ai passi in avanti dell’Ucraina e alla difficoltà dei russi nel limitare le perdite, il Cremlino ha sempre smentito e minimizzato i successi della controparte nelle ultime settimane e ora l’iter non è cambiato. Putin, anzi, ha annunciato che l’economia dei russi è in crescita, dopo aver vissuto una fase di stabilizzazione. Lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin, in una riunione dedicata ai temi economici. Ha anche mostrato numeri e dati che dimostrano come la Russia sia riuscita a evitare l’inflazione, che lo stesso Putin ha affermato sarà circa al 12%. Secondo gli analisti, una stima decisamente al ribasso.

La controffensiva dell’Ucraina va avanti e i russi stanno battendo in ritirata (la chiamano “riorganizzazione”)

Ora passiamo al tema militare e a quanto sta continuando a verificarsi nelle ultime ore. La notizia più importante è sicuramente quella della fruttuosa controffensiva dell’Ucraina che sta continuando a recuperare terreno dalle parti di Kherson. In particolare sono circa 500 chilometri quadrati proprio il terreno riconquistato in quella regione, poi passati sotto il controllo delle forze russe. Ovviamente è una notizia che ci arriva dall’Ucraina, dato che il Cremlino non ammette le sue perdite. O lo fa a modo suo.

A tal proposito, a fare il quadro delle ultime ore è stato il consueto aggiornamento su Facebook dello Stato Maggiore delle Forze Armate. L’Ucraina continua a liberare zone e città precedentemente occupate dagli invasori e questa volta è toccato Velykyi Burluk e Dvorichna, che si trovano a nord di Kharkiv. I russi, anche in questo caso, hanno battuto in ritirata. E possiamo scrivere così perché la situazione del conflitto è decisamente cambiata dall’inizio di settembre quando nella regione di Kharkiv è sempre più concreta la controffensiva di Kiev. L’ha dovuto ammettere anche il ministero della Difesa della Russia negli ultimi giorni, confermando il ritiro delle sue truppe, ma con motivazioni ben diverse rispetto a quelle addotte dall’Ucraina. Il Cremlino, infatti, ha fatto filtrare che si tratti di una riorganizzazione e ribadendo che il primo obiettivo su cui si stanno concentrando i loro sforzi militari resta il Donbass. Zelensky, intanto, aveva annunciato anche la riconquista di Izyum. Di certo, il ritorno dell’Ucraina, la riappropriazione di alcune città, non è più in discussione, dato che circolando video in cui Kiev è tornata issare la sua bandiera proprio in quelle zone. Lo Stato Maggiore di Kiev sottolinea anche l’avanzata nel piccolo centro di Svatove, che si trova nella regione di Luhansk.

Una situazione, quindi, molto diversa da una semplice resistenza e i cui numeri ci sono forniti ancora dall’Ucraina. Ancora lo Stato Maggiore delle Forze Armate ha informato, infatti, sulla morte in combattimento di ben 300 soldati della Russia, solo nelle ultime 24 ore. Il computo totale delle perdite, e quindi di decessi militari, sale a circa 52950 per il Cremlino dal 24 febbraio. Non solo, perché nelle perdite bisogna calcolare anche i 2168 tank distrutti, i 1269 sistemi di artiglieria, i 162 sistemi di difesa aerea e i 311 lanciarazzi multipli. Lo Stato Maggiore  ha stabilito anche che sono 243 gli aerei militari abbattuti, 213 gli elicotteri, 903 i droni, 15 le unità navali e 216 missili da crociera, sempre dall’inizio della guerra ovviamente. Perdite che non sono solo da attribuire a Kharkiv, anzi, nell’ultimo giorno si sono verificate in maggioranza soprattutto nelle direzioni di Kryvyi Rih e Donetsk.

Insomma, in questa fase è ovvio che, dopo una resistenza a denti stretti, si respiri maggiore ottimismo per la parte ucraina, anche grazie agli aiuti occidentali. In tal senso, sono stati importanti le parole di Vitali Klitshcko, in un’intervista alla Bild. Per chi non l’avesse mai sentito, si tratta del sindaco di Kiev, il quale ha affermato in maniera netta e precisa che è arrivato il momento di riprendersi il Paese per l’Ucraina. Il sindaco della capitale non si nasconde, affermando che il momento attuale è molto positivo sotto il profilo militare e ciò è possibile anche grazie all’aiuto costituito dalle armi degli alleati occidentali. La Bild, però, precisa che nel prossimo futuro, gli assaliti avranno bisogno di una mano ancora maggiore sia da parte della Germania sia di tutto l’occidente. E fino ad ora, nessuno si è tirato indietro.

Lo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine, inoltre, informa della liberazione di altri venti insediamenti. Numeri enormi se si pensa alla natura e alla prima evoluzione del conflitto a primavera, probabilmente anche insperati per l’occidente. E viceversa, anche se non lo ammetterà mai, Putin sta accusando il colpo. Poi il bollettino entra ancora più nel dettaglio, sottolineando che i russi si sono ritirati anche in diverse zone di Kherson, e questo non per una semplice riorganizzazione, come vogliono far credere, ma perché le perdite in guerra sono state molto significative. Addirittura, secondo quanto riportano, la 810/ma brigata di fanteria navale, che vede la sua base a Sebastopoli, ha visto cadere quasi l’85% dei suoi uomini. In questo, non bisogna sottovalutare quanto sta succedendo all’interno dell’esercito russo. Subire perdite di questo tipo vuol dire demoralizzare gli altri soldati, che quindi stanno battendo in ritirare e non vogliono più tornare sul campo, in quelle zone.

Anche la Russia ha dovuto ammettere la sconfitta a Kharkiv, ma l’ha fatto un po’ a modo suo. La voce che arriva, su quest’argomento, è quella di Vitaly Ganchev e ha parlato a “Rossiya 24”. Si tratta del governatore piazzato in quelle zone dai russi e ci riferiamo alle residue aree nell’Oblast, ancora sotto il controllo del Cremlino. Secondo lui, il numero dei militari di Zelensky era maggiore addirittura otto volte di più rispetto a quelli di Mosca e questo ha portato alla ritirata. Ha dato poi anche un annuncio di natura tecnica, sottolineando che il confine russo con Belgorod, e siamo in una zona russa, è stato blindato. Insomma, a Kharkiv sembra sempre più difficile per il Cremlino recuperare terreno, soprattutto con questi uomini sul campo a combattere con numeri insufficienti.

Una tesi che è stata confermata anche dall’Intelligence britannica, ormai fonte di riferimento per noi occidentali per saperne sempre di più sulla guerra in atto tra Russia e Ucraina. L’ultimo aggiornamento a riguardo è particolarmente significativo: i russi hanno ritirato, con ogni probabilità, le loro truppe da tutta la zona di Kharkiv, a ovest del fiume Oskil: lo scrive l’intelligence britannica nel suo aggiornamento quotidiano sulla situazione nel Paese. Il paragone che fanno in Gb è particolarmente significativo: l’Ucraina ha recuperato un territorio così vasto che equivale e a circa 3000 chilometri quadrati e si tratta quindi di un’area vastissima, il doppio di Londra. I problemi che, in questa fase, stanno affliggendo la Russia a est, potrebbero riguardare in egual modo anche il sud. Infatti, secondo l’Intelligence britannica, lì la Russia potrebbe avere ben presto grossi impedimenti nel far arrivare sufficienti riserve nella via che passa per il fiume Dnipro e fino alla linea del fronte. Addirittura, è rimasta senza termine la costruzione di un ponte galleggiante di cui la Russia aveva bisogno durante la guerra. Tutto ciò a causa del lavoro militare degli ucraini che tramite la loro artiglieria stanno demolendo gli attraversamenti avversari, la cui continua riparazione non è possibile.

Insomma, ve lo stiamo dicendo da più fonti e in tutte le salse che la controffensiva sta andando a buon fine. L’Intelligence britannica, però, si è spinta oltre, e ha posto la sua attenzione su due aspetti fondamentali nelle prossime settimane di guerra. Infatti, da Londra sostengono che l’avanzata delle truppe ucraine porterà a un cambiamento forzato di strategia militare per il Cremlino. I loro uomini, infatti, si dovranno concentrare soprattutto su operazioni difensive o di emergenza. E questo potrebbe scatenare delle ripercussioni negative su tutte le forze russe, aumentando la sfiducia delle truppe del Cremlino rispetto ai loro vertici militari. Una fiducia che, vi abbiamo raccontato, ha già vacillato nelle ultime settimane. Insomma, un ribaltamento degno di un dado lanciato e che poi, quando sta per assestarsi, finisce per terra nel verso opposto e sembra essere un numero avverso rispetto a quello che voleva Putin.

Un Putin che, però, non sembra avere alcuna intenzione di lasciar perdere, soprattutto nel suo progetto complessivo. E anche questa volta, la voce che ci viene in aiuto è quella di Dmitri Peskov, sempre il portavoce russo. È stato proprio lui, parlando con alcuni giornalisti, ad affermare che l’invasione del Cremlino continuerà “fino a quando non saranno raggiunti tutti gli obiettivi prefissati”. La domanda era chiara e allo stesso tempo scomoda: i media, infatti, volevano sapere come avesse reagito Putin al raggruppamento, che non è altro se non l’invio di uomini in altre zone rispetto a dove stanno riavanzando gli ucraini. O meglio, quello che noi chiamiamo “fuga dei soldati russi” o “controffensiva ucraina andata a buon fine”. Le dichiarazioni di Peskov sono servite anche a ribadire come Putin sia a conoscenza di tutte le operazioni militare e in coordinamento con il ministero della Difesa e anche con i vertici militari. Insomma, tutto ok e tutto concordato, ma in realtà sappiamo che non doveva andare esattamente così per i russi.

E comunque un fattore (apparentemente) impazzito e che va considerato ha un nome e un cognome e si chiama Ramzan Kadyrov. Nelle scorse settimane, aveva annunciato un apparente ritiro, pausa, chiamatela un po’ come volete, ma solitamente lo fa per ottenere qualcosa da Putin, di cui è comunque uno degli uomini più fidati e fedeli, dopo anni e anni di governo. Nelle ultime ore, Kadyrov, dopo aver detto che la Russia avrebbe sicuramente trionfato in Ucraina, ha dato anche un annuncio speciale e cioè il ritorno delle sue unità speciali d’elite sui territori del conflitto. Si riferisce alle unità d’élite condotte da Adam Delimkhanov che, secondo quanto riferisce la Tass, dopo aver terminato il periodo di riposo, sono tornati a combattere. Nuovi rinforzi, dunque, per i russi, ma basteranno?

Intanto, nelle ultime ore, è tornato a parlare della guerra anche il presidente francese Emmanuel Macron e l’ha fatto direttamente con Putin in via telefonica. Il leader del paese transalpino è uno dei massimo esponenti in occidente per la condanna dell’invasione del Cremlino. Negli scorsi giorni era anche diventato virale un video, facente parte di un documentario, in cui Macron, al telefono con Zelensky, veniva informato dal presidente ucraino dell’invasione russa. Insomma, alleato fedele, come dimostrato poi nei mesi successivi. Oggi il numero uno francese ha ribadito a Putin la necessità di concludere al più presto le ostilità in nome di negoziati diplomatici. L’auspicio di Macron è che vengano ristabilite la sovranità e l’integrità di tutto il territorio ucraino.

Un altro punto su cui il presidente dell’Eliseo ha battuto non poco è la necessità di garantire anche la massima sicurezza per la centrale di Zaporizhzhia, il cui rischio nucleare avrebbe conseguenze pesantissime su tutta l’Europa. Qui l’auspicio di tutto l’occidente è che Putin ritiri le truppe dall’impianto e soprattutto le armi pesanti e leggere. Inoltre, ha sottolineato quanto sarebbe importante dare ascolto alle raccomandazioni dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che è andata in missione e ha già redatto un resoconto, ma ha anche reso la visita permanente, lasciando sul posto due funzionari. Inoltre, Macron si è esposto anche affinché la Russia e Putin rispettino l’accordo sul grano, siglato in data 22 luglio, anche con l’aiuto delle Nazioni Unite e della Turchia. L’ha fatto ricordando che le sanzioni europee non si applicano ai prodotti agricoli e ha avvertito la Russia: i paesi più rischio dovranno ricevere quello di cui hanno bisogno, pena una crisi alimentare di proporzioni globali. Necessità, frasi e moniti, quelli di Macron, che rispettano a pieno quelli dell’occidente nei confronti della Russia. Ma non crediamo che basterà questo a far indietreggiare Putin dalle sue intenzioni, come non è bastato il 24 febbraio.

Poche righe fa, comunque, vi abbiamo citato per l’ennesima volta la centrale di Zaporzhzhia, da mesi sotto il controllo del Cremlino, con tutti i rischi che comporta. Beh, oggi è arrivato un annuncio importante, a tal proposito, da Yevgeny Balitsky, riportato dalla Tass. Si tratta del capo dell’amministrazione militare e civile della regione, a matrice filorussa. Su Telegram è stato proprio lui a esporsi sulla possibile adesione alla Russia della regione di Zaporizhzhia, inizialmente ucraina, tramite referendum. La notizia è che questo stesso referendum sarà rimandato fino a quando tutti i residenti non saranno in sicurezza. A precisa domanda ricevuta, Balitsky non si è voluto esporre sulla data del referendum, ma ha ricordato quanto sia importante che, quando avverrà, tutti potranno parteciparvi in maniera “comoda e sicura”. E vedremo, dunque, se sarà possibile con la controffensiva ucraina che avanza in molte zone del paese, senza lasciare tregua a chi, fino ad ora, ha assalito con ferocia e cruda barbarie.

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