Quarantadue anni dalla strage della stazione di Bologna tra morti e impuniti

Ci sono alcuni attimi, anche tragici, che rimangono scolpiti nella mente di chiunque. Quello delle 10:25 del 2 agosto 1980, esattamente 42 anni fa, alla stazione di Bologna è uno di questi: 85 morti e 200 feriti sono il bilancio finale di una delle stragi più crude e sanguinose dell’Italia del secondo dopoguerra. L’ultimo atto di una strategia della tensione che nel corso degli anni di piombo ha spaventato, e più spesso ucciso molte persone

Strage della stazione di Bologna
La stazione di Bologna dopo lo scoppio della bomba il 2 agosto del 1980 che ha causato 85 morti – lettoquotidiano.it

Dopo anni di lotte, depistaggi e sentenze, oltre agli esecutori materiali dell’attentato, si sono scoperti anche i mandanti, non più condannabili perché già morti. Intanto oggi, a Bologna, si ricordano le vittime della strage di Bologna in un percorso simbolo che porterà a conclusione il viaggio spezzato di tutte le persone coinvolte quel 2 agosto 1980.

Le 10:25 del 2 agosto 1980: la strage della stazione di Bologna

Uno scoppio, una bomba, un ordigno a tempo piazzato in una valigia, 23 chili di esplosivo miscelati alla perfezione per una delle stragi più violente del secondo dopoguerra in Italia. Sono le 10:25 del 2 agosto del 1980 nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna e qualcosa sta per cambiare per sempre.

La vita di 85 persone viene spezzata, altre 200 rimangono ferite a causa del crollo dell’ala sud-ovest della stazione, ma anche dell’esplosione del treno in sosta al binario uno e del tunnel sotto i binari.

“T’ho incrociata alla stazione che inseguivi il tuo profumo presa in trappola da un tailleur grigio fumo i giornali in una mano e nell’altra il tuo destino camminavi fianco a fianco al tuo assassino”, scrive qualche anno dopo in “Se ti tagliassero a pezzetti” Fabrizio De Andrè.

È l’ultimo atto di una strategia della tensione – una teoria politica di stampo neofascista che si basa su una serie preordinata di atti terroristici volti a diffondere nella popolazione uno stato di insicurezza e di paura così da richiedere politiche di stampo autoritario -, che anima tutti gli anni di piombo, che vedono agire anche le Brigate Rosse e altri gruppi della sinistra extraparlamentare.

Chi pensa che dopo il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, storico segretario della Democrazia cristiana, da parte delle Br, il periodo del terrore si sia trasformato andando a colpire solo singole persone – magistrati, giornalisti, politici – deve ricredersi: i gruppi neofascisti hanno ancora sete di attentati.

Perché, neanche per un attimo, sta in piedi la teoria secondo cui l’eccidio sia stato il frutto di un’esplosione di una caldaia nel sotterraneo della stazione. I testimoni hanno visto, i rilievi delle forze dell’ordine parlano chiaro: la strage della stazione di Bologna è di natura dolosa.

E quindi si inizia a indagare. Non è la prima volta che il terrorismo nero compie azioni di questo genere: ci sono la strage di Piazza Fontana a Milano, la prima della serie, c’è la strage di Piazza della Loggia a Brescia a indicare che potrebbero essere stati i neofascisti a mettere la bomba.

Nel processo iniziato nel 1987 e concluso con una sentenza definitiva solo nel 1994 vengono individuati come esecutori materiali della strage Valerio Giusva Fioravanti e la compagna Francesca Mambro, mentre Gilberto Cavallini viene condannato per banda armata – nel 2017 si apre un nuovo filone di indagini che lo porta a essere condannato anche lui come esecutore materiale -. Nel 2007, tra i colpevoli finisce anche Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca, che nella prima sentenza è stato assolto.

Ad aprile del 2022 arriva anche un’altra sentenza, una delle più importanti per i tanti familiari delle vittime: tra gli esecutori c’è anche Paolo Bellini, ma sono i mandanti della strage a essere finalmente noti. Ci sono Licio Gelli, già condannato per aver provato a inquinare le indagini e maestro venerabile della loggia massonica Propaganda Due (P2), Umberto Ortolani, il braccio destro di Gelli, Federico Umberto D’Amato, alto dirigente del Viminale, e Mario Tedeschi, giornalista ed ex senatore del Movimento sociale italiano. Tutti non più punibili perché morti.

Licio Gelli
Licio Gelli, maestro venerali della loggia massonica Propaganda Due, e mandante della strage della stazione di Bologna – lettoquotidiano.it

Se a mettere la bomba, infatti, sono stati nel concreto i membri del NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari, dietro c’è un disegno molto più grande: quello della P2, che vuole solo preparare la strada a un golpe, un colpo di Stato dopo il fallimento di qualche anno prima con il generale Junio Valerio Borghese.

Fin da subito, infatti, inizia con i tentativi di depistaggio. Ai magistrati arrivano notizie in base a cui i sospetti devono essere indirizzati oltre confine, e a farlo è un settore deviato del SISMI, sotto controllo di un massone, Giuseppe Santovito. Nell’81, sempre a causa dell’opera del gruppo deviato, viene ritrovata una valigia con lo stesso esplosivo usato per la bomba della stazione di Bologna in un treno: ci sono anche due biglietti aerei, uno è per Parigi, l’altro è per Monaco.

I tentativi continuano con documenti e testimoni falsi, ma anche con l’azione sapiente di Gelli di insabbiare tutto attraverso i giornali, i media, e ci riesce. Perché è solo grazie alla caparbietà, alla voglia di giustizia dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, presieduta da Paolo Bolognesi, che ora si è arrivati alla verità di chi ha voluto la strage.

Il capo della loggia massonica paga 5 miliardi di lire, prelevati dai suoi conti in Svizzera e derivanti dal crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, ai terroristi per mettere la bomba.

Mattarella: “Continuare a ricercare la verità è un dovere civile”

Per non dimenticare quella che è stata la più grave strage mai avvenuta in Italia nel secondo dopoguerra, sono tante le iniziative che sono state promosse, soprattutto a Bologna.

Oggi, dopo le 10:25, 85 cittadini volontari, tra cui bambini, da piazza delle Medaglie d’Oro si dirigeranno verso i binari della stazione centrale, verso gli autobus, i taxi, le vie del centro in un percorso simbolico con cui si vuole portare a destinazione il viaggio mai concluso delle vittime dell’attentato di 42 anni fa. Porteranno con sé una valigia bianca che poi consegneranno a un passante come un passaggio di testimone e nessuno si scordi mai di cosa è successo.

E infatti non l’ha fatto neanche Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica ha parlato in occasione dell’anniversario: “L’ordigno che 42 anni or sono uccise a Bologna persone casualmente presenti quella mattina alla stazione ferroviaria, risuona ancora con violenza nel profondo della coscienza del Paese. Fu un atto di uomini vili, di una disumanità senza uguali, tra i più terribili della storia repubblicana. Un attacco terroristico che pretendeva di destabilizzare le istituzioni democratiche e seminare paura, colpendo comuni cittadini impegnati nella vita di tutti i giorni“.

Il Capo dello Stato si è poi rivolto ai familiari delle vittime “che hanno saputo trasformare in impegno civile, per testimoniare all’intera società che le strategie del terrore mai prevarranno sui valori costituzionali della convivenza civile. L’azione solidale dei familiari merita la gratitudine della Repubblica“.

La loro tenacia ha sostenuto l’opera di magistrati e di servitori dello Stato che sono riusciti a fare luce su autori, disegni criminali, ignobili complicità. La matrice neofascista della strage è stata accertata in sede giudiziaria e passi ulteriori sono stati compiuti per svelare coperture e mandanti per ottemperare alla inderogabile ricerca di quella verità completa che la Repubblica riconosce come proprio dovere“, ha concluso Mattarella.

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