La Ministra Trenta rinuncia all’appartamento finito al centro di una polemica. “Traslocheremo”, annuncia l’ex ministra grillina
Elisabetta Trenta non vivrà più nell’appartamento di Roma. Il marito ha rinunciato all’alloggio.
La polemica per l’alloggio
Aveva ricevuto quell’appartamento nel centro di Roma quando era Ministro della Difesa, durante il governo di coalizione Lega-M5s. Una volta terminato il mandato politico, Elisabetta Trenta a quell’appartamento non ha voluto rinunciare.
Al termine dell’incarico, la Trenta avrebbe dovuto riconsegnare l’abitazione entro i 3 mesi successivi. Finora la Ministra non aveva accettato di riconsegnare l’appartamento, perché, a suo dire, era del tutto legittimata ad averlo.
L’ex Ministro sul suo profilo facebook aveva spiegato di aver legittimamente chiesto ed ottenuto quell’alloggio perché vicino alla sede di lavoro. L’abitazione le era stata assegnata lo scorso mese di aprile. Al termine del mandato, c’erano 3 mesi per riconsegnarla, ma, come ha spiegato la Trenta, a fare richiesta di quell’alloggio sarebbe stato anche suo marito, ufficiale dell’Esercito.
La Trenta rinuncia all’alloggio
Oggi l’ex Ministra della Difesa annuncia di aver rinunciato all’alloggio di Roma:
“Mio marito, pur essendo tutto regolare, per salvaguardare la famiglia ha presentato istanza di Rinuncia per l’alloggio”.
Una rinuncia fatta a malincuore e verso la quale avevano spinto gli stessi compagni del Movimento 5 stelle. Il viceministro allo sviluppo economico, Buffagni, aveva dichiarato che, nonostante il comportamento dell’ex Ministra Trenta potesse essere legittimo, non era comunque un atteggiamento da 5 stelle.
Critiche che hanno colpito Elisabetta Trenta che si è detta ancora legata al Movimento 5 Stelle, nonostante gli attacchi e i richiami ricevuti.
“Non smetto di fare politica e di essere del Movimento 5 Stelle: uno vale uno”
ha detto l’ex Ministra Trenta. La pentastellata ha sempre tenuto a precisare che il marito avesse ottenuto legittimamente quell’alloggio e che la sua decisone di lasciarlo non è un’ammissione di colpevolezza, ma una scelta forzata, fatta per salvaguardare la sua famiglia.