Politica italiana, autonomia differenziata e ascesa delle Regioni del nuovo panorama attuale

Ascesa e avanzamento del ruolo delle Regioni. Dalle autonomie all’elezione del nuovo Presidente, è davvero in crescita il loro ruolo nella politica italiana?

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Autonomia e referendum: lo slancio delle regioni nella situazione politica italiana.

Autonomia delle Regioni

Nello scenario di precarietà politica nazionale, il ruolo delle Regioni sta crescendo, come dimostra anche l’elezione di Donatella Tesei in Umbria, che è la proiezione, in piccolo, della situazione politica italiana.

Il leader del Carroccio, Matteo Salvini, spinge per una modifica al rosatellum bis, in particolare all’abolizione della parte proporzionale, per arrivare ad un maggioritario puro. L’unico modo per farlo, almeno per ora, visto che Salvini non fa più parte dell’esecutivo, è quello di chiedere un referendum popolare.

Sono due i modi con cui poter chiedere l’indizione di un referendum abrogativo: attraverso la raccolta delle firme di 500.000 elettori o attraverso il pronunciamento di 5 consigli regionali. La seconda possibilità è quella scelta da Salvini, visto che il suo partito si trova, attualmente, alla guida di 11 regioni.

Sono finora 9 le regioni che hanno chiesto il referendum, depositato in cassazione da Roberto Calderoli: Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Liguria. Una scelta politica che conferma l’ascesa e la centralità del ruolo delle regioni.

Nel 2016 ci fu un altro referendum abrogativo chiesto dalle regioni, il che conferma quanto sia in crescita il potere dei compartimenti regionali e quanto questi influenzino l’agenda politica nazionale.

Le autonomie regionali

Il primo Governo di Giuseppe Conte, quello nato dall’accordo tra M5s e Lega, ha già assistito ad una richiesta di autonomia da parte di alcune regioni, in particolare: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, a cui si sono aggiunte poi Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania. Le autonomie regionali sono quindi diventate una peculiarità anche del Governo Conte bis.

Ciò trova conferma nel Decreto fiscale 2019, in cui si attesta l’impegno dell’esecutivo di proseguire nell’attuazione delle autonomie regionali. In particolare, l’intento è quello di arrivare ad un’autonomia differenziata. La presenza della Lega all’opposizione, da sempre favorevole ad un sistema federalista,  darà alla tematica delle autonomie nuovo slancio.

Le elezioni regionali

La vittoria di Donatella Tesei in Umbria, sostenuta da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, da un lato, ha confermato i numeri crescenti della coalizione di centrodestra, dall’altro è stato un modo per testare l’alleanza Pd-M5s.

Le elezioni regionali diventano quindi un banco di prova importante per capire il funzionamento o meno delle alleanze al Governo, offrendo la possibilità di conoscere il consenso della popolazione. Ecco perché, fondamentali saranno le elezioni regionali nel prossimo anno, quando si voterà in Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Puglia, Campania e Veneto.

Ad eccezione del Veneto, le 6 regioni in cui si voterà nel 2020 sono tutte governate dal centrosinistra. Una vittoria della coalizione opposta avrà, evidentemente, ripercussioni anche a livello nazionale.

L’elezione del Presidente

La volontà dell’attuale coalizione di Governo, M5s-Pd, ha l’obiettivo di arrivare al 2022, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Elezioni anticipate porterebbero, quasi certamente, ad un parlamento a maggioranza centrodestra.

Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento e dai delegati delle regioni, 58 in totale. In quest’ambito diventa quidi fondamentale l’esito delle prossime elezioni regionali, che potranno delineare l’andamento politico a livello nazionale.

Le regioni stanno quindi diventando un po’ come il miele per le api: un’irresistibile attrazione per fare politica. Da inizio legislatura, sono stati 13 in totale, tra deputati e senatori, a dimettersi per avere assunto un incarico incompatibile con il mandato parlamentare: 7 alla camera e 6 al senato. Nove parlamentari hanno lasciato il loro ruolo in camera e senato per un incarico in regione. Ultima la Tesei, che, vista l’elezione in Umbria, dovrà dimettersi dal Senato.

Un numero, evidentemente, destinato a crescere il prossimo anno con le nuove elezioni regionali. Saranno, infatti, molti i candidati alla presidenza delle regioni, già parlamentari o senatori, che sceglieranno la regione per incidere maggiormente sulla scena politica nazionale.

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