Svolta storica: stop all’export di armi in Arabia Saudita ed Emirati Arabi

Il governo uscente ha ratificato lo stop alla vendita di bombe e  missili ai due stati della penisola arabica.

L'Italia ferma le commesse di armi all'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi

L’Italia stabilisce il divieto di fornire armi alle nazioni che violano i diritti umani.

La legge che era stata dimenticata

Oggi 29 gennaio si è giunti ad una svolta storica.

I Paesi sostenitori della guerra contro lo Yemen, Arabia Saudita e Emirati Arabi, rimaranno senza armi italiane.

Finalmente è applicata la legge 185 del 1990, trent’anni dall’entrata in vigore, che vieta di esportare armi ai governi che contraddicendo i patti internazionali inerenti i diritti umani.

I provvedimenti decretati, non solo interdicono i futuri invii delle armi, ma revocano anche quelli già stabiliti.

La decisione è frutto del lavoro delle associazioni umanitarie, del luogo e accorato dialogo con il governo a cui chiedevano di abdicare dal ruolo di sostenitore della guerra.

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, afferma come dallo scoppio della guerra in Yemen, nel marzo 2015, sia iniziata la battaglia per interdire la morte di migliaia di vite. Afferma l’attivista ad Adnkronos.

In Arabia Sauditi e nel Emirati Arabi Uniti i diritti umani sono calpestati. Infatti vige pena di morte, manca la libertà di parola e  il riconoscimento dei diritti delle donne e le condizioni di lavoro sono infime.

Matteo Renzi nell’incontro con Mohammed bin Salman, il presidente saudita, è stato lusinghiero. Ha definito lo stato saudita come “culla del neorinascimento” e aggiunto di invidiare il loro costo del lavoro.

Ed infatti è molto basso. Se lo stipendio medio per un saudita si aggira intorno ai 1.300 dollari al mese, per uno straniero la situazione cambia drasticamente e la media si abbassa a 250 dollari.

L’enorme divario è dato dal differente trattamento, per chi non ha la cittadinanza la legge impone un sistema di sfruttamento istituzionalizzato, il Kafala. Le donne poi guadagnano circa la metà rispetto agli uomini.

Poi pena di morte rimane in vigore Lo svolgimento avviene in luogo pubblico e tramite decapitazione. Nel 2019 le esecuzioni sono state 184, tra questi anche dissidenti politici.

Nuory afferma come un’attenzione maggiore delle organizzazioni internazionali possa portare a un miglioramento, pur riconoscendo la difficoltà che il cambiamento avvenga. Si tratta di due stati che pesano negli equilibri globali: l’Arabia Saudita è la seconda nella classifica mondiale per giacimenti di petrolio mondo, mentre gli Emirati detengono il settimo posto.

Ultimamente piccole conquiste sono state conseguite dalle donne negli Emirati Arabi hanno ottenuto di poter conseguire la patente di guida e sottrarsi alla giurisdizione di un uomo di famiglia.

Ma ancora Nuory fa una lucina analisi e sottolinea come siano risultati conseguiti non per uno spirito innovatore ma per la lotta le richieste delle donne in galera nel 2018.

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