Trattativa Stato-mafia: Berlusconi non risponde nel processo d’appello a Palermo

Il processo sulla trattativa Stato-mafia ha visto in aula a Palermo l’ex Premier Silvio Berlusconi che si è avvalso della facoltà di non rispondere

Silvio Berlusconi

Al Tribunale di Palermo si è tenuta l’udienza del processo d’appello per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. Silvio Berlusconi chiamato come teste assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere e di non essere ripreso.

Il processo sulla trattativa Stato-mafia

Il processo sulla ormai definita trattativa Stato-mafia ha visto il primo grado chiudersi nel 2018 con numerose condanne penali ai danni sia di boss mafiosi come Leoluca Bagarella, di ex politici tra cui Marcello Dell’Utri  ex senatore di Forza Italia.

Il processo arrivato ora alle udienze in Corte d’Appello per il secondo grado riguarda la vicenda risalente agli anni Novanta, nella quale alcune forze politiche di allora avrebbero avviato delle trattative con i vertici di Cosa Nostra per far terminare le stragi di mafia.

L’udienza d’appello con Berlusconi come testimone

Mentre continuano i blitz antimafia e gli arresti di politici, negli scorsi mesi dunque le udienze del processo di Palermo che dura ormai da 7 anni sono riprese ed è stata richiesta a maggio di quest’anno dal PM la condanna a 9 anni per il democristiano ex ministro Calogero Mannino, reo secondo l’accusa di aver trattato con i boss di Cosa Nostra grazie anche all’aiuto di vertici dei Ros.

In aula a Palermo nelle scorse ore è stata la volta dell’ex Premier  chiamato a testimoniare come teste assistito.

Il leader di Forza Italia però si è avvalso della facoltà di non rispondere e alla presenza dei giudici ha dichiarato come si legge su ilmessaggero:

“Su indicazione dei miei legali, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.”

Indicando anche di non acconsentire a fotografie o riprese video in aula.

L’ex presidente del Consiglio infatti era stato messo al corrente dai giudici che aveva la possibilità di non rispondere e che se al contrario avesse iniziato a parlare sarebbe divenuto testimone d’ufficio e dunque sarebbe stato tenuto a dire la verità.

A presenziare all’udienza vi erano ovviamente anche i legali difensori, Franco Coppi e Nicolò Ghedini

Impostazioni privacy