Ravenna, braccianti sottopagati e costretti a turni massacranti: due permessi speciali

La Cgil dell’Emilia Romagna fa sapere: “Non smetteremo di rivendicare diritti e dignità per ogni essere umano”.

Braccianti, sfruttamento
Caporalato e braccianti

Un’operazione congiunta tra istituzioni e associazioni di categoria a tutela dei migranti fruttati.

Il caporalato smantellato

È stata sventrata un’organizzazione di sfruttatori di manodopera operante in tutta l’Emilia Romagna nell’ambito dell’agricoltura. Erano 20 le persone che, deboli della loro condizione di immigrati, sono state costrette a condizioni di vita e lavoro durissime.

Sono in custodia in carcere le quattro uomini di nazionalità pachistana, parte della macchina delinquenziale.

L’accusa è di reclutamento dei migranti, di minacce e intimidazioni nei confronti dei sottoposti. Anche i capi dell’organizzazione sono stati individuati, ma ancora non è chiaro quali disposizioni siano state prese nei loro riguardi.

Nel folto gruppo vessato nel fisico e nella dignità, due migranti sono stati scelti per partecipare al progetto Oltre la strada, rivolto all’integrazione nella società delle persone più deboli e emarginate. Contestualmente hanno ricevuto un permesso speciale di soggiorno nel Paese.

Le indagini sono state disposte dal Gip di Forlì e condotte in coordinamento con l’Ispettorato del lavoro e l’Inail.

Sono partite grazie ad alcuni migranti, che già all’inizio dello scorso anno erano in contatto Flai Cgil di Forlì e di Ravenna per un controllo delle buste paga e dei contributi previdenziali.

Il casolare freddo, affollato e con pochissimo cibo

La Primavera pandemica del 2020 è stata dura per tutti. Per i 20 braccianti che abitavano un vecchio casolare abbandonato a Bagnara (Ravenna) era diventata massacrante.

Nell’emergenza sanitaria il sindacato e la città di Bagnara sono intervenuti per sanificare la casa di campagna dove alloggiavano i lavoratori sfruttati e garantire loro i pasti.

Vi trovarono condizioni di vita infime: non vi era riscaldamento né acqua calda, le loro stanze da letto erano formate da una distesa di materassi contigui gli uni agli altri.

Il casolare era anche la sede operativa dell’organizzazione che li teneva sotto scacco.

La giornata dei braccianti iniziava all’alba con la raccolta di frutta e verdura e altre mansioni e culminava con il rientro a casa la sera. Ottanta ore di lavoro settimanali per un compenso mensile di 50 euro accompagnati dai continui ricatti.

“Non smetteremo di denunciare queste situazioni, non smetteremo di rivendicare diritti e dignità per ogni essere umano”

Si esprime con questa la Cgil regionale, che ha intrapreso e vinto la battaglia nella difesa del lavoro e del rispetto di tutti.

 

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