Migranti, Open Arms salva 158 naufraghi: oltre 600 in attesa di un porto sicuro

Nuovo salvataggio di migranti da parte della Open Arms: sono 158 i naufraghi messi in salvo. Oltre 600 attendono un porto sicuro

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Open Arms salva 158 migranti: si attende un oìporto sicuro.

Nuovo salvataggio di migranti

Un nuovo salvataggio di migranti messo in atto dalla nave Open Arms. Come riporta anche La Repubblica, all’alba di questa mattina la Ong ha salvato 102 migranti a bordo di un gommone nei pressi delle coste libiche.

A bordo della nave si trovano adesso 158 migranti che attendono un porto sicuro. Quello di questa mattina è il secondo salvataggio nel giro di poche ore, dopo quello effettuato nella notte, durante il quale sono state salvate altre 56 persone.

A segnalare il barcone in difficoltà era stato il call center per i migranti, Alarm Phone, che aveva indicato la presenza di un’imbarcazione in difficoltà al largo della Libia.

Accordi tra Libia ed Italia

Con quello di questo mattina, salgono a 638 i naufraghi ancora in attesa di un porto sicuro. Sulla nave Ocean Viking ci sono 407 persone, altre 78 si trovano invece sulla Alan Kurdi.

La Ocean Viking si trova diverse miglia dalle coste calabresi, mentre la Alan Kurdi si trova nei pressi di Siracusa. Per i 407 naufraghi della Ocean Viking è stato predisposto lo sbarco nell’hotspot di Taranto.

Una situazione, quella dei naufragi, molto precaria e ricca di interrogativi, che arrivano proprio prima della riconferma degli accordi tra il nostro paese e la Libia.

Accordi per i quali non sono state realizzate le modifiche chieste dall’Italia come condizione preliminare per il prosieguo degli stessi.

Le richieste di aiuto da parte delle imbarcazioni in difficoltà non hanno avuto nessuna risposta positiva dalla guardia costiera libica e dai centri di Tripoli e Malta.

Le uniche a rispondere sono state le navi delle Organizzazioni non governative, che attendono ora la ricollocazione di 600 persone.

“È evidente il vuoto spaventoso di capacità di ricerca e soccorso”

ha dichiarato Carlotta Sami, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite.

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