Mafia, scattati 16 arresti per gli esponenti del clan palermitano

Dissenso tra capi mafiosi, tra vecchie guardie e nuove nella lotta per l’organizzazione di Casa Nostra.

Mafia, 16 arresti
Giuseppe Rizzuto 37 anni – Francesco Palumeri 60 anni

Il mandamento di Tommaso Natale, il territorio sotto il controllo mafioso della sua famiglia, ha vissuto negli ultimissimi anni continui cambi di potere, fino al profilarsi di un conflitto acerrimo, interrotto dalle forze dell’ordine.

Risveglio in manette per la mafia palermitana

All’alba di oggi 26 gennaio la procura distrettuale antimafia di Palermo ha arrestato 16 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco.

Sono così giunte a termine le indagini dirette dal procuratore Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca.

Il lavoro investigativo è stato svolto sull’emendamento di Tommaso Natale, divenuto campo di rivalità e di scontri interni all’associazione mafiosa.

La successione dei Boss nel Palermitano

L’operazione antimafia si chiama Bivio per i rivolgimenti in seno alla compagine mafiosa che l’avevano portata ad operare una scelta decisiva per il suo futuro.

I malumori interni nascevano in seguito al suo riassetto deciso nel vertice tra gli esponenti di Cosa Nostra nel 2018 e della spartizione del potere del suddetto emendamento che oltre la famiglia di Natale coinvolgeva anche quelle di Partanna, Mondello, Zen e Pallavicini.

Proprio la riorganizzazione delle aree di influenza incrinava l’assetto stabilito sino ad allora da Natale.

Subentra a Nunzio Serio in seguito al suo arresto, Calogero Lo Piccolo, che partecipa all’importate incontro degli esponenti di Cosa Nostra del 2018.

In quell’occasione, rivelano le indagini, è accompagnato da Francesco Palumeri, il suo vice. Ma Lo Piccolo sarà costretto al carcere e il vice, come logica vuole, lo sostituisce. È l’inizio del malcontento.

Perché ancora di Serio, Lo Piccolo, Palumeri, a tenere le redini era Giulio Caporrino.

Il ritorno del “vecchio” Leader

Il boss si trovava in carcere durante l’importante summit per decidere l’esercizio del potere e i capi. Quando ne esce il 24 maggio 2019 iniziano le divisione acerrime.

“Cosa come vi viene”

Così, secondo le intercettazioni, il vecchio leader definiva con spregio la nuova Cosa Nostra.

Di nuovo libero, decise di allontanarsi dall’organizzazione che non riconosceva più, colpevole di non essere stata ligia a una delle regole fondamentali dell’organizzazione: un boss rimane tale sempre, anche se in carcere.

Si trasferì a Firenze in un isolamento che interruppe nell’aprile del 2020, quando fa ritorno nel capoluogo e ottiene di nuovo il rispetto e il potere sul territorio supportato dai suoi fedeli sostenitori. Ma è costretto a deporre nuovamente lo scettro per rientrare in carcere nell’estate dello stesso anno.

L’ultima fase del conflitto tra fazioni

È questo il momento in cui il Clan palermitano diventa più traballante che mai, attraversato da una guerra endogena. Prese forma il potere delle famiglie Zen-Pallavicino sotto il comando di Giuseppe Cusimano.

A caratterizzare la nuova compagine metodi più estrosi e violenti. Un episodio può essere esplicativo della tensione e del malessere interno all’organizzazione.

Si tratta di un duello con armi e in pieno giorno tra le strade del quartiere Zen del capoluogo avvenuto lo scorso settembre. Una sparatoria che fortunatamente ha eluso la popolazione.

Ma quell’episodio, aggiunto ad altri, induce i leader della vecchia guardia a progettare un modo di eliminare chi non rispetta la gerarchia e lo statuto non scritto della Mafia. Sono disposti a tutto e probabilmente solo l’intervento della giustizia ha evitato un violento spargimento di sangue.

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