Inps, Tridico si difende sull’aumento di stipendio: “Non mi dimetto, nulla da chiarire”

Il presidente dell’Inps si difende dalle accuse, piovute da più fronti, sul suo aumento di stipendio da 62 a 150 mila euro.

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Pasquale Tridico assicura di non avere nulla da chiarire, né da spiegare e che le dimissioni non sono una scelta contemplata.

Il raddoppio dello stipendio per il presidente Inps

Un aumento di stipendio da 62 mila a 150 mila euro che ha sollevato una vera e propria bufera sul presidente dell’Istituto di previdenza sociale, Pasquale Tridico.

Un aumento che, però, si sarebbe svolto secondo legge: ad aver previsto il raddoppio del salario, infatti, è un decreto interministeriale risalente allo scorso 7 agosto del Ministero del Lavoro. Un decreto promosso dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo.

L’aumento non riguarda però solo Pasquale Tridico, che resta comunque l’obiettivo principale delle contestazioni. Anche al presidente dell’Inail viene riconosciuto uno stipendio di 150 mila euro all’anno, mentre ai vicepresidenti dei due Istituti spettano 40 mila euro all’anno.

Ai consiglieri di amministrazione di Inps e Inail vanno invece 23 mila euro ciascuno. Il centrodestra, Matteo Salvini in primis, si è mosso compatto per chiedere le dimissioni del presidente dell’Istituto di previdenza sociale.

Le parole di Tridico

Mentre Conte e Di Maio promettono accertamenti sulla vicenda, Tridico non ci sta e replica alle accuse.

“Attaccano me per colpire il governo”

è la replica del Presidente, che annuncia:

“Non ho nulla da chiarire e non mi dimetto”.

Tridico ha quindi spiegato che la retroattività parte dall’aprile 2020, cioè dall’insediamento del consiglio di amministrazione, di cui lui stesso è presidente.

Come riferisce anche Tgcom24, la richiesta dell’aumento di stipendio sarebbe stata decisa dal Ministero del Lavoro, guidato da Di Maio, con una lettera del 2019 inviata anche al premier Conte.

Come’è prevedibile, dalla parte del presidente ci saranno non solo i 5 Stelle, visto che Tridico era stato uno degli ideatori del reddito di cittadinanza, ma anche i politici del partito democratico, consapevoli che “remare” contro, in questo momento, favorirebbe l’implosione dei pentastellati e dell’intero governo.

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