Crisi Coronavirus, Confindustria: “Se non si riparte il motore del Paese rischia di spegnersi”

Confindustria, l’appello agli industriali: “Ripartire presto o il motore si ferma”

“Con lockdown prolungato rischio di non pagamento degli stipendi”

sottolinea Confindustria Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.

Le imprese del Settentrione italiano lanciano un appello per la ripartenza delle attività produttive.

Confindustria Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto hanno sottoscritto un’agenda per la ripartenza e la riapertura delle imprese e la difesa dei luoghi di lavoro.

Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna sono le quattro principali regioni del Nord Italia e rappresentano il 45% del PIL italiano.

Se non riusciranno a ripartire nel

“breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”,

mette in evidenza il documento.

E’ il grido di allarme di Confindustria Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto che chiedono all’Esecutivo di

concretizzare la fase 2

e di definire

“una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese”.

Confindustria: la sicurezza e la salute sono gli imprescindibili obiettivi per ripartire

Il criterio guida è la sicurezza, per questo è necessario condividere un modello di collaborazione con Associazioni industriali, Istituzioni, Organizzazioni sindacali ed Autorità sanitarie.

Il Presidente di Confindustria Emilia Romagna Pietro Ferrari, di concerto con Marco Bonometti, Fabio Ravanelli e Enrico Carraro, rispettivi Presidenti delle Confindustrie Lombardia, Piemonte e Veneto, lanciano l’appello

“per una riapertura sicura ed ordinata delle imprese“.

La salute è il primo e imprescindibile obiettivo: le imprese devono poter riaprire, ma è indispensabile che lo possano fare in assoluta sicurezza, tutelando i lavoratori.

Bisogna definire un piano di aperture programmate di attività produttive mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale.

Ciò che è necessario è

“uscire dalla logica dei codici ATECO, delle deroghe e delle filiere essenziali a partire dall’industria manifatturiera e dai cantieri.

E’ una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica”.

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