Coronavirus, la decisione della Svezia: scuole e bar aperti

In Svezia l’emergenza coronavirus si affronta limitando l’accesso alle farmacie e sospendendo le visite nelle case di riposo.

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Per contro, nonostante il coronavirus, in Svezia non sono state limitate le aperture di bar e gli studenti continuano ad andare a scuola

Per i medici la catastrofe è dietro l’angolo

Le misure di contenimento del coronavirus in Svezia si discostano da quelle adottate negli altri paesi del mondo. In particolare, l’accesso ai farmaci è limitato e vietate le visite alle case di riposo. L’accesso limitato ai farmaci è stato preso per far sì che tutti i cittadini possano avere le medicine di cui hanno bisogno. Per contro, però, gli studenti continuano a recarsi alle lezioni e i bar restano aperti. Anche i ristoranti sono aperti ma soltanto se hanno servizio a tavolo. Aperti anche i locali notturni.  L’isolamento domiciliare, quella che ormai siamo abituati a chiamare quarantena, resta soltanto consigliata e del tutto volontaria. Diventa fortemente consigliata soltanto se si hanno i sintomi. Il governo, infatti, sostiene la tesi, tra le altre, che le persone che non presentano sintomi non possano veicolare il virus. Il governo, inoltre, ha invitato i cittadini a non viaggiare. Tutto questo, nonostante 4500 casti e 180 morti.

Intanto, il pacchetto anti crisi covid 19 prevederà lo stanziamento di 800 miliardi di corone destinate al rilancio dell’economia.

I medici svedesi hanno paura

I medici temono il peggio anche perché la Svezia annovera 5,8 posti di terapia intensiva ogni 100mila abitanti. Il pazienti attualmente ricoverati sono in continua crescita. Intanto, si allestiscono operai da campo e alcune hostess della sono state riconvertite in infermiere dopo un corso lampo.

Katrin Hruska, ex presidente dell’Associazione medica specializzata in cure in emergenza, il 12 marzo aveva rilasciato una preoccupante dichiarazione ignorata, come si legge su Il Fatto Quotidiano:

“Non esiste un piano per affrontare il covid19. Ho provato ad urlarlo, che non siamo preparati, non sappiamo come usare i presidi sanitari”.

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