Il parere della Consulta sull’aumento della pensione d’invalidità

Risulta chiaro cosa ne pensa la Consulta sull’aumento della pensione d’invalidità: ‘Costituzionalmente necessario per contemperare i diritti in gioco’.

consulta sull'aumento delle pensioni d'invalidità
anziana donna seduta

La Consulta si è espressa sull’aumento della pensione d’invalidità lasciando al legislatore la possibilità di modulare le misure assistenziali vigenti nel rispetto della Costituzione.

Da agosto la pensione di invalidità sarà aumentata a 516 euro.

È chiaro come la Consulta sia contraria a dichiarare giusto il requisito di età imposto dalla legge n.448/2001.

Ecco cosa ha affermato la Consulta sull’aumento della pensione di invalidità.

Maggiorata la pensione di invalidità, il parere della Consulta

L’art.12 della legge n.118/1971, primo comma, stabilisce l’importo mensile della pensione di invalidità: oggi pari a quasi 300 euro.

A parere la Consulta questo è:

innegabilmente, e manifestamente, insufficiente

Per la Consulta gli invalidi civili totalmente inabili al lavoro hanno diritto all’incremento al milione della pensione di inabilità (651,51 euro) fino al compimento del diciottesimo anno di età, senza attendere i 60 anni.

Proprio questo aspetto appartiene alla motivazione della sentenza n.152 depositata ieri con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’art.38, comma 4 della legge n.448/2001 illegittimo.

Questa legge stabilisce che i benefici economici che spettano agli invalidi civili totali sono concessi ai soggetti che hanno 60 anni o più, non 18.

Tale requisito anagrafico per la Consulta è irragionevole perché:

Le minorazioni psicofisiche dell’invalidità totale non sono diverse in base all’età

‘La limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento’.

Si parla di incostituzionalità: il caso concreto

La questione di legittimità costituzionale è sorta nel caso concreto riguardante una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale.

Incapace di svolgere qualunque atto quotidiano (vestirsi, lavarsi e camminare) questa persona non è in grado di comunicare autonomamente con il mondo esterno.

‘La sua situazione dipende dalla menomazione pregressa di cui soffre e non dal superamento di certe soglie anagrafiche’, puntualizza la Corte.

La sentenza afferma che la spesa maggiorata a carico dello Stato, derivante dall’estensione della maggiorazione agli invalidi civili, non viola l’articolo 81 della Costituzione.

Per questa ragione non possono prevalere i vincoli economici di bilancio.

La Corte ha poi affermato che: ‘ Il legislatore deve provvedere tempestivamente alla copertura degli oneri derivanti dalla pronuncia, nel rispetto del vincolo costituzionale dell’equilibrio di bilancio in senso dinamico‘.

Gli effetti della sentenza decorreranno dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La Corte ha concluso affermando che c’è la possibilità, per il legislatore, di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali in vigore senza ledere i diritti degli invalidi garantiti dalla Costituzione.

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