Banca d’Italia: debito pubblico record a luglio, raggiunta quota pari a 2.560,5 miliardi

Debito pubblico record: raggiunto un nuovo picco di 2.560,5 miliardi, in aumento di 29,9 miliardi rispetto al mese precedente.

debito pubblico record

Bankitalia lancia l’allarme:

“L’incremento riflette oltre al fabbisogno del mese (7,9 miliardi),

l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (23,3 miliardi, a 83,9)”.

Le entrate tributarie sono calate a -5,7% a luglio, attestandosi a quota pari a 43,8 miliardi.

Debito pubblico record, i dati di Bankitalia

Nella relazione Finanza pubblica: fabbisogno e debitopubblicata il 15 settembre 2020, con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 29,6 miliardi, quello delle Amministrazioni locali di 0,3 miliardi.

Il debito degli Enti di previdenza è rimasto invariato.

La vita media residua del debito è rimasta costante a 7,3 anni. La quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia è aumentata di 0,5 punti percentuali, al 19,7 per cento.

Con riferimento ai soli titoli di Stato, la quota detenuta dalla Banca d’Italia è aumentata di 0,6 punti, al 23,2 per cento.

Banca d’Italia, le Entrate tributarie

A luglio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio statale sono state pari a 43,8 miliardi, in diminuzione del 5,7 per cento (-2,7 miliardi) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

“Nei primi sette mesi del 2020 le entrate tributarie sono state pari a 213,7 miliardi,

in diminuzione del 9,4 per cento (-22,1 miliardi) rispetto al corrispondente periodo del 2019”,

spiega Bankitalia.

Prezzi al Consumo: cresce il rischio di deflazione

Ad agosto quarta variazione consecutiva in negativo (-0,5%), ora l’inflazione acquisita per l’anno è pari a zero e nel 2021 in trend potrebbe peggiorare senza una ripresa del mercato del lavoro e dei contratti.

Con un’economia strutturalmente in ritardo rispetto ai principali partner comunitari, i prezzi al consumo in Italia hanno segnato in agosto il quarto mese consecutivo in negativo (-0,5%).

Guardando alle serie storiche dell’indice Ipca di Eurostat, da quando la moneta unica è in circolazione solo nel 2016 si sono toccati questi minimi, e quelli dell’Italia erano, anche allora, più bassi degli altri.

Il rischio di un prolungato periodo di prezzi negativi è reale.

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