La guerra tra Ucraina e Russia sta cambiando e la Crimea ne è la dimostrazione

Ucraina e Russia sono a un nuovo bivio della guerra, che probabilmente è stato già oltrepassato. Il conflitto si combatte su diversi piani e la sua geografia sta diventando sempre più ampia, come stanno dimostrando gli ultimi avvenimenti che riguardano la Crimea. Di seguito tutti gli aggiornamenti a riguardo e l’analisi di una guerra che si preannuncia sempre più ampia, con tutte le conseguenze che ne derivano per Vladimir Putin e i suoi piani militari.

Zelensky
Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina, durante uno dei consueti videomessaggi – lettoquotidiano.it

Ucraina e Russia continuano a scontrarsi sotto ogni punto di vista. Quello ideologico, culturale, militare (che poi ne è la conseguenza diretta), ma anche per quanto riguarda strategie e alleanze che comunque rappresentano una parte importante di una guerra senza esclusione di colpi. E ora ci troviamo, a quasi sei mesi dall’inizio del conflitto, a raccontare una situazione un po’ diversa. In particolare, un raggio che potrebbe allargarsi sempre di più e in favore degli uomini di Volodymyr Zelensky, a prescindere dall’esito finale. La Crimea rappresenta un segnale che non va assolutamente ignorato.

Guerra tra Russia e Ucraina, cosa è successo e cosa sta accadendo

Il 24 febbraio ha rappresentato e rappresenta una data triste e fondamentale per l’Europa e il mondo come l’abbiamo conosciuto. Una scintilla di una bomba esplosa e il cui fragore si sta ripercuotendo su tutto, senza distinzioni, con conseguenze evidenti anche sul piano economico, delle risorse e politico, in sé e per sé.

Dal maledetto inverno appena trascorso, tanti eventi si sono susseguiti e avevano comunque una matrice di base, per capire qualcosa: la Russia che attacca l’Ucraina e gli assaliti che si difendono strenuamente con ogni forza possibile. E in un conflitto del genere la forza umana (e non solo) di Zelensky e dei suoi non va affatto sottovalutata.

Attacco Saki
Attacco alla base russa di Saki, nella penisola della Crimea – lettoquotidiano.it

Si pensi, ad esempio, ai civili e alle città che non si sono assoggettate ai russi, neanche dopo che Putin ci aveva messo il becco dentro a furia di bombe e le aveva conquistate. E poi si rifletta anche sulla strategia iniziale del Cremlino, adottata appena il coperchio sul vaso di Pandora è saltato: attacchi su più fronti per far sì che l’avversario capitolasse il prima possibile. Cosa che poi non è avvenuta, visto che l’Ucraina ha resistito e resiste.

Il conflitto comunque si sta evolvendo e questo è un dato di fatto. Perché ormai non c’è più una squadra che attacca e una che cerca di non arrendersi. No, perché più passano le settimane, più c’è la sensazione che la Russia non abbia raggiunto tutti gli obiettivi militari che si era prefissata. E questo comunque è importante per capire in che direzione andranno le cose, e comprendendo che a questo punto avevano ragione diversi stati europei a far trapelare che la guerra sarebbe stata lunga e difficile.

Soffermiamoci su questo punto, che è un fattore essenziale per comprendere gli avvenimenti degli ultimi giorni. E innanzitutto partiamo dalla geopolitica militare del conflitto, che comunque non è poca roba. Gli interessi dei russi, fin da subito, si sono concentrati sul Donbass, seme della discordia di una guerra scellerata, ma che ha diversi ragioni (più o meno condivisibili) da entrambe le parti.

Putin ha riscoperto le debolezze di una Russia che si sarebbe trovata con un cuscinetto in meno nel verso dell’Occidente. Un’Ucraina nella Nato e sempre più europea non ispira di certo fiducia alle sue spalle, di contro a un territorio (in parte) russofono e che Putin non voleva sicuramente perdere con uno schiocco di dita, dalla sera alla mattina.

E non è l’unico punto su cui soffermarsi, perché poi dalle parole si è passati ai fatti e quindi a missili e bombe. Che comunque è oltre l’extrema ratio della civiltà e non ce ne faremo una ragione. Putin, ad ogni modo, ha da subito cerchiato sul mappamondo i lati che erano necessari per scandire le sillabe della sua vittoria. E, quindi, le forze militari si sono concentrati a est, nel Donbass.

Infatti, se si analizzano semplicemente questi aspetti, è quella la regione da considerarsi la più complicata e combattuta nell’intero conflitto. E in futuro, per volontà dei russi, sarà comunque così. Dalla Russia era trapelata la volontà di allargare il raggio del conflitto e concentrarsi anche su quello che era intorno (a parte il sud, già coperto, ma ora ci arriviamo).

L’intelligence britannica ha presto smentito questo stato di cose e ha contraddetto questa versione dei fatti: le mire russe si concentreranno sul Donbass, e questa è già storia di qualche settimana fa. Si tratta di una delle tantissime bugie, depistaggi, colpi bassi, accordi mancati o rimangiati, che abbiamo scoperto essere una delle armi russe, insieme al terrore.

E nei prossimi mesi le cose non cambieranno di molto. Infatti, è arrivato un altro segnale in tal senso e non di poco conto. Volodymyr Zelensky ha ordinato, a malincuore, l’evacuazione di Donetsk, uno dei centri cardine della geografia ucraina e una città molto rilevante a livello culturale e internazionale. Si pensi anche agli eventi organizzati anche negli ultimi anni, sportivi e non e ad alcuni personaggi rilevanti anche in Italia che si sono trovati lì quando tutto è iniziato.

Insomma, l’Ucraina ha saputo che Donetsk verrà presa pesantemente di mira nei prossimi mesi e Zelensky è stato costretto a ordinare ai civili di allontanarsi dalla città entro l’inverno, onde evitare una nuova strage in piena regola e che avrebbe fatto danni enormi per feriti e morti. E qui è nato un altro problema, perché sono tanti i civili che non vogliono lasciare casa. Alcuni per spirito di resistenza, altri perché l’ignoto fa anche più paura di una casa che sta per essere bombardata. Una psicologia figlia della guerra e a cui ormai dovremo abituarci.

In ogni caso, rigirando il nastro e tornando a quando tutto è iniziato, se da una parte abbiamo appreso di un Donbass sempre più rosso, c’era e c’è anche la zona a sud come grande obiettivo di Putin. E qui si parla sì, di espansione della guerra, quando la Russia avanzava senza timidezza e seminava terrore, ma anche di strategia pura. Perché conquistando il sud, si prendono città di mezzo, militarmente fondamentali, per i mari, per le vie del commercio e per aprirsi un portone su tutto ciò che sta oltre. Come oltrepassare un muro decisivo per poi tenere il pallino in mano fino alla fine.

E anche lì, nonostante le ribellioni e i ribaltamenti di fronte attuali, più o meno efficaci, la Russia ha avuto subito successo, per poi dover incassare nell’ultimo periodo, dato che l’Ucraina sta provando a rientrare ed eliminare i nemici, a Kherson e non solo. Anche qui, il lavoro di intelligence risulta fondamentale, dato che Putin ha intenzione di inviare nuove truppe ancora in quella zona, per superare anche la ripresa avversaria.

Basterà o no? Lo vedremo, ma intanto prendiamo atto di un conflitto molto diverso. La guerra intanto può essere definita d’attrito e cioè con i russi che tentano di avanzare, ma lo fanno lentamente e lo stallo stanca le truppe e aumenta le perdite. Altro tasto dolente per Putin, che secondo alcune stime ha perso un terzo dell’esercito dal 24 febbraio. Ora potrebbero essere anche di più.

E dato che la Russia è ancora lontana dallo sferrare il colpo decisivo, l’Ucraina si sta permettendo di guardare oltre e di attaccare linee nemiche, fino ad ora, inesplorate. E questo è un punto decisivo per capire da che parte stiamo andando.

Gli eventi in Crimea aprono la strada a una guerra in cui Putin è solo

L’Ucraina, quindi, non resta a guardare ma contrattacca. E la grande novità è caratterizzata dal fatto che non lo fa sui territori persi e che vuole riconquistare, ma mettendo il naso fuori da quei confini subito delimitati dai russi e da cui Zelensky vuole uscire per portare la guerra a suo favore. E ricordandoci che comunque l’obiettivo degli assaliti resta causare quante più perdite possibile all’esercito di Putin per costringerlo a trattare.

La penisola della Crimea rappresenta lo snodo cruciale di quello che vi stiamo delineando. Si ricordi che la Russia l’aveva annessa nel 2014 e che ha anche una grande valenza nell’attualità, dato che si tratta di una base logistica e militare, utilizzata da Putin con questo scopo per le operazioni in Ucraina.

La notizia è che negli ultimi giorni potrebbe essere stata presa d’assalto dagli ucraini. E il condizionale è d’obbligo, dato che le notizie che arrivano in tal senso non hanno la coccarda dell’ufficialità piantata sopra sul fatto che la paternità degli attacchi sia ucraina. Comunque le esplosioni in almeno due basi russe ci sono state sicuramente. E stavolta il Cremlino non ha accusato l’Ucraina di esserne stata la causa. Ha parlato, invece, in maniera più ampia, di un sabotaggio, ma senza precisare l’autore, e solo in un secondo momento.

È bastato questo comunque a far partire le valutazioni di diversi analisti e in molti hanno avuto la stessa visione. La guerra si sta espandendo anche in quello che la Russia considera zona sua e in cui l’Ucraina, fino ad ora, non si era mia spinta. In attesa delle doverose conferme del caso, questa sarebbe la svolta tanto attesa nella guerra e per quello che ne sarà in futuro.

Qui si apre anche un discorso sulle strategie militari dell’Ucraina, cambiate nell’ultimo periodo. In una metafora calcistica, se prima Zelensky, per forza di cose, doveva pensare essenzialmente a difendersi, ora sta adottando una linea più aggressiva e che si dota anche delle armi a lunga gittata che gli alleati occidentali gli hanno fornito, difficili da controllare e intercettare per i russi.

Ma ora entriamo più nel dettaglio per capire quello che sta succedendo in Crimea. La prima delle esplosioni nella penisola era avvenuta mercoledì scorsa e più precisamente nel pomeriggio presto. A essere presa d’assalto è stata la base aerea di Saki, che si trova a Novofedorivka.

Per chi non la conoscesse, si tratta di una zona per lo più frequentata da turisti, sulla costa occidentale della penisola e che comunque va a braccetto con il sud dell’Ucraina. Si trova, infatti, a meno di 200 chilometri dal confine con la regione di Kherson. E questo sicuramente non vi è nuovo, dato che si tratta di uno dei primi territori conquistato dai russi a sud e che si è ribellato, oggetto di contrattacco degli ucraini.

Anche grazie alla spinta dei civili, da settimane Zelensky sta cercando di riprendere proprio quella regione. Ora ha messo il muso anche oltre, arrivando in Crimea. È stata solo la prima di una serie di esplosioni. Martedì, infatti, si sono verificate in un deposito di armi a Maiske, e in questo caso siamo a nord della Crimea. Sono stati i russi a riferire nuovamente di un’esplosione, questa volta in un campo d’aviazione russo a Hvardiiske. Questo territorio è particolarmente importante, perché ci troviamo a meno di trenta minuti di macchina da Sinferopoli, la capitale della Crimea. Una serie di attacchi che sarebbe illogico, in tempi di guerra, definire semplici sabotaggi. Anche perché hanno causato una serie di danni non indifferenti ai russi, sia dal punto di vista della logistica sia per quanto riguarda le risorse.

Le immagini satellitari ci hanno permesso di comprendere ulteriormente la portata degli attacchi. Nella base aerea di Saki, come riportato da “Planet Labs”, e si tratta di una conferma indipendente su quanto successo, almeno otto jet da guerra russi sono stati distrutti e alcuni edifici sono caduto. Per quanto riguarda il deposito di armi di Maiske, è importante sottolineare che si tratta di un punto strategico, dato che viene utilizzato dai russi per il trasporto di soldati e armi proprio nella regione del Donbass, epicentro della guerra. Gli attacchi sono riusciti a danneggiare le linee ferroviarie, provocando evidenti disservizi. Non ci sono ancora certezze, invece, sull’esplosione a Hvardiiske, che comunque (lo ripetiamo) è situata vicino alla capitale.

La Russia ha mantenuto la stessa linea spesso attuata fino ad ora di fronte a cadute militari o eventi avversi: si è preoccupata, infatti, di minimizzare fin da subito quanto successo e ha parlato di un semplice incidente. Addirittura dal governo russo era filtrata notizia che non ci fossero morti, feriti o danni alle basi. A smentire la versione del Cremlino sono state le fonti della stessa Crimea, le quali di contro avevano sottolineato la presenza di morti nella base aerea, feriti nel deposito di armi,  e soprattutto la presenza di danni. Ma anche la doverosa evacuazione di migliaia di civili che si trovavano nei paraggi.

Solo dopo l’evidenza e le esplosioni avvenute a Maiske, nella giornata di martedì, il ministero della Difesa dalla versione poco credibile dell’incidente, ha mutato la sua posizione parlando di sabotaggio.

Vediamo, invece, come si è posta l’Ucraina, riguardo agli avvenimenti in Crimea: iniziamo mettendo le mani avanti e specificando che non ci sono state rivendicazioni ufficiali. Però, non può essere scansato il fatto che alcuni funzionari hanno attribuito i primi due attacchi proprio agli ucraini. E addirittura indicando che fossero partiti da alcuni partigiani che avevano come base proprio la Crimea.

E poi, come se non bastasse, è filtrata notizia dal governo ucraino che si trattasse proprio di attacchi mirati e ben studiati. Basti pensare alla testimonianza diretta di un consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, che ne ha anche spiegato le ragioni: si tratta di un’opera di demilitarizzazione della Crimea. E poi c’è Andriy Yermak, capo dell’amministrazione presidenziale ucraina, che ha confermato quest’ultima versione e utilizzando lo stesso termine.

Qui si iniziano a sommare gli elementi di attacchi che comunque hanno una linea ben precisa. Lo stesso Zelensky, infatti, aveva fatto intendere che la liberazione della Crimea resta uno dei principali obiettivi ucraini. Il presidente ucraino, infatti, aveva detto (e l’aveva fatto la sera stessa delle esplosioni) che la guerra sarebbe dovuta finire con la liberazione stessa della Crimea.

In ogni caso, si sono susseguite diverse ricostruzioni e tesi nelle ultime ore, per tentare di capire cosa sia successo di preciso. E ci sono diverse ipotesi a riguardo. Sulla base aerea di Saki, diversi analisti hanno ritenuto che, con ogni probabilità, si trattasse di un attacco mirato. Anche qui, si è fatto ricorso alle immagini satellitari, le quali hanno dimostrato che le esplosioni erano state più di una e molto precise, dato che erano riuscite comunque a colpire jet distanti l’uno dall’altro. E tenendo ben lontano gli hangar, onde evitare che si sviluppasse un incendio. Anche su questo, il governo russo è stato smentito.

Riguardo le armi utilizzate, c’è da fare ulteriore chiarezza. In questo caso, molti avevano dato quasi per scontato che gli attacchi sarebbero andati a buon fine grazie ai lanciarazzi HIMARS. Armi a lunga gittata e, quindi, ideali per questo tipo di attacchi. Fornite all’Ucraina dagli Stati Uniti, proprio con quest’obiettivo. Non ci sono prove sufficienti però per affermarlo, e anzi, secondo nuovi calcoli, gli obiettivi colpiti in Crimea sono fuori dalla portata per le armi garantite all’Ucraina dagli Stati Uniti. La distanza colpita dai lanciarazzi HIMARS arriva a coprire, infatti, distanze fino a 300 chilometri di distanza. Le armi che hanno a disposizione gli ucraini, però, non possono arrivare a un’estensione così grande. In ogni caso, riassumendo, il tutto, l’eventualità più probabile è che si tratti comunque di attacchi mirati dell’Ucraina, in attesa di eventuali rassicurazioni ufficiali.

Comunque, è fondamentale analizzare anche le conseguenze degli attacchi. Secondo quanto riferito all’autorevole “New York Times” da alcuni abitanti, è scattata l’allerta gialla di minaccia terroristica, con le misure annesse: ci sono persone che vengono fermate e perquisite addirittura prima dell’ingresso nei parchi o negli edifici pubblici.

L’annessione della penisola di Crimea è rimasta sotto il controllo russo, fin dalla sua presa e comunque ha una rilevanza per i piani del Cremlino. Il suo utilizzo è, infatti, come base militare, porto sicuro per le sue imbarcazioni, ma anche strumento di propaganda che è un lato fondamentale per la Russia. Non a caso Putin aveva definito la stessa Crimea con il termina “terra sacra” o anche “centro dell’unità spirituale russa”. E questo ci fa capire quanta rilevanza abbia per i russi. Dalla Crimea sono anche partiti aerei russi che hanno bombardato l’Ucraina, e anche navi militari, ancora utilizzate per attacchi agli avversari. Insomma, la geografia del conflitto non si può giudicare più la stessa e le iniziative militari attribuite all’Ucraina nella penisola sotto il controllo russo non possono affatto essere sottovalutate.

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