Presidenzialismo, cosa serve per attuare la riforma che vuole il centrodestra

Assieme a flat tax, immigrazione, diritti civili, ambiente, pensioni e salario minimo, c’è un’altra parola che sta tenendo banco in Italia: presidenzialismo. L’elezione diretta del Capo dello Stato è stata inserita nel programma della campagna elettorale del centrodestra, e poi il leader di Forza Italia ci ha messo il carico da novanta parlando delle dimissioni di Sergio Mattarella, attuale Presidente della Repubblica. Tra il dire e il fare, dato che si tratta di una riforma della Costituzione, c’è di mezzo tanto mare

Mattarella e Berlusconi
Sergio Mattarella, attuale Presidente della Repubblica, e Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia – lettoquotidiano.it

Vediamo insieme come si potrebbe attuare e quali possono gli scogli che il centrodestra potrebbe incontrare nella realizzazione del suo piano di superare l’attuale forma di governo e arrivare a quella presidenziale.

Presidenzialismo, cosa serve per attuare la riforma della Costituzione che vuole il centrodestra

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro“, e su questo non ci piove, perché l’articolo 1 della Costituzione, che non si può modificare, così recita. Discorso diverso, invece, per  tutti gli altri 138 articoli che compongono la carta costituente, entrata in vigore nel 1948.

Ne sa qualcosa anche il centrodestra, e quindi i tre leader Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, che nel programma che hanno presentato in campagna elettorale hanno inserito anche la necessità di una riforma istituzionale che porti al presidenzialismo.

Berlusconi Meloni Salvini
L’ex premier Silvio Berlusconi, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e il numero uno della Lega, Matteo Salvini – lettoquotidiano.it

Prima di addentrarci in cosa effettivamente significhi avere l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, cerchiamo di capire come si può arrivare a cambiare la Costituzione e l’attuale forma di governo, che ora è una Repubblica parlamentare che prevede la centralità delle due Camere, nel nostro caso Camera e Senato, elette dai cittadini.

Ecco, noi, in Italia eleggiamo solo (e da sempre) deputati e senatori, che poi formano una maggioranza che vota la fiducia al governo, presieduto da un presidente del Consiglio dei ministri, che non è eletto dal popolo, mai!

Esattamente come accade per il Capo dello Stato che, invece, secondo afferma l’articolo 83 della Costituzione, è “eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri” e “ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta“. Essendo la nostra una carta costituente rigida, ovvero servono dei procedimenti in più per revisionarla, non è affatto semplice passare al presidenzialismo nel giro di un amen.

L’articolo 138, infatti, afferma che “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti“.

Dalla teoria alla pratica, quindi, potrebbe passare oltre un anno. Tempo che si dilaterebbe ulteriormente se si dovesse chiedere ai cittadini cosa ne pensano (com’è stato già fatto nel 2016 con la riforma, bocciata, di Matteo Renzi, e come si è fatto nel 2020 con il taglio dei parlamentari, riforma approvata).

Stando ai sondaggi, infatti, seppur quasi certo di una vittoria, il centrodestra di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati difficilmente riuscirà ad avere la maggioranza dei due terzi del Parlamento, in pratica 134 senatori e 267 deputati, per potersi dire tranquilla che nessuno richieda un referendum. Specie dopo le dichiarazioni di Berlusconi che ha parlato di dimissioni di Sergio Mattarella, attuale Presidente della Repubblica, se la riforma dovesse passare, che hanno scatenato una bufera mediatica, con tutti i leader dei principali partiti che hanno attaccato il Cavaliere.

Anche Ignazio La Russa, attuale vicepresidente del Senato e braccio destro di Meloni, all’Ansa ha detto che “al 99% la parola finale sulle riforme toccherà ai cittadini“.

Presidenzialismo, cosa comporterebbe il passaggio a una nuova forma di governo

Partendo dal presupposto che non è la prima volta che si immagina di cambiare la forma di governo attuale per trasformarla in qualcos’altro (ci sono state altre proposte sempre del centrodestra, con Fratelli d’Italia e Lega in testa), ora si deve capire cosa muterebbe nel concreto per i cittadini.

Il modello di presidenzialismo è sicuramente quello degli Stati Uniti: il presidente, eletto direttamente dal popolo, è sia il Capo dello Stato (una figura, in Italia, che serve più come garanzia costituzionale che come decisore), sia capo del governo, che ha il compito di formare a prescindere dalla fiducia del Parlamento.

Il presidente, tra l’altro, avrebbe poteri maggiori rispetto a quelli che ha ora Mattarella: potrebbe porre il veto alle decisioni delle Camere e ha sicuramente anche compiti legislativi. La rimozione può essere ottenuta solo attraverso la procedura dell’impeachment, e quindi in caso di reato, mentre ora basta un non voto di fiducia per far crollare l’esecutivo. Ne consegue che il Parlamento non avrebbe più la capacità di rimuovere il presidente che, a sua volta, non può sciogliere le Camere.

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