Elezioni del 25 settembre e vitalizio, perché i “nuovi” parlamentari lo avrebbe comunque percepito

Dopo quattro anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura scatta per i “nuovi” parlamentari la pensione, volgarmente chiamato “vitalizio”, in questo caso il 24 settembre. Molti hanno fatto notare la coincidenza con le elezioni, programmate per il giorno, così che deputati e senatori possano goderne, ma la faccenda non è così semplice

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Parlamento – lettoquotidiano.it

Il Parlamento, infatti, nonostante Sergio Mattarella abbia sciolto le Camere, rimarrà in carica fino alla prima seduta della prossima legislatura, il 13 ottobre.

Vitalizi, perché le elezioni del 25 settembre non incidono sulla pensione dei parlamentari

La diciassettesima legislatura, che ha avuto inizia il 23 marzo 2018 – tenete a mente questa data -, è stata caratterizzata dalle crisi di governo, e non solo. Già dagli albori, le forze politiche in campo, con il MoVimento 5 stelle a farla da padrone per il consenso elettorale ottenuto (non sufficiente comunque per poter governare da solo), hanno incontrato parecchie difficoltà per formare un esecutivo.

Dal 4 marzo, giorno delle elezioni, al primo giugno, giorno dell’insediamento del governo gialloverde (M5S e Lega, con Giuseppe Conte primo ministro), passarono quasi tre mesi. L’esperienza, di alti e bassi, poi, finì il 20 agosto del 2019, poco più di un anno più tardi. I fasti (o nefasti) del Papeete di Matteo Salvini condizionarono il movimento di Beppe Grillo che, dopo consultazioni varie, decise di allearsi con il Partito Democratico per formare un nuovo esecutivo.

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte – lettoquotidiano.it

Dal 5 settembre del 2019, iniziò una nuova avventura, quella che ci ha accompagnato, tra decreti del presidente del Consiglio dei ministri (ancora Conte), nella fase più acuta dell’emergenza pandemica. Anche quella, però, è finita prima della naturale scadenza della legislatura: era il 26 gennaio del 2021 quando il Conte 2 (o bis) cadeva. Stavolta per opera di Matteo Renzi e dei suoi ministri.

È stato poi il turno del “governo dei migliori“, quello guidato da Mario Draghi, insediato ufficialmente il 13 febbraio del 2021 e morto proprio ieri. Assieme al Parlamento.

Ecco, il Parlamento. E soprattutto i parlamentari, deputati e senatori, si saranno fatti qualche calcolo, specie di natura economica, prima di voltare le spalle all’esecutivo dell’ex presidente della Bce. Non tutti in effetti, ma almeno i 661 onorevoli che lo scranno tra Montecitorio e Palazzo Madama lo avevano conquistato solo dal 4 marzo.

A differenza, però, di quanto si è letto in queste ore sui social, se nei primi tre casi lo scioglimento delle Camere – diventato indispensabile con la caduta del governo Draghi – avrebbe creato non pochi problemi ai “nuovi” parlamentari per il vitalizio, in questo caso se lo erano garantiti già da un po’. E, anche se le elezioni sono state programmate per il 25 settembre, e il giorno prima scattano i quattro anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura che garantiscono la pensione ai nuovi, loro avrebbero comunque goduto del “privilegio“.

Perché, dallo scioglimento delle Camere devono passare 60 giorni prima di andare alle urne (dal 21 luglio si va al 19 settembre, che è lunedì, quindi il 25, appunto), e poi deve passare altro tempo perché entri in carica la legislatura successiva (il 13 ottobre sarà il giorno x per l’insediamento del nuovo Parlamento). Fino a quel momento, ad approvare le leggi, ci saranno gli stessi parlamentari che ci hanno accompagnato dal 2018. Insomma: ben altro che quel 24 settembre che fa godere deputati e senatori del “privilegio”.

Vitalizi, come è cambiata la legge che lo regala

Privilegio che, dal 1954 quando fu introdotto in gran segreto, è cambiato parecchio. Innanzitutto, ora si tratta di una pensione vera e propria, e scatta dal 65esimo anno di età del parlamentare di turno, e si basa sui calcoli contributivi di ciascuno dei neo eletti: riforma del 2012.

Nel 2007, però, ce n’era stata un’altra: se agli albori bastava aver fatto un solo giorno seduto in aula, da quel momento servivano quattro anni, sei mesi e un giorno per potersi garantire la “pensione d’oro”.

Tornando alla legge più recente, a ogni deputato e senatore, superata la prima legislatura, che continua la sua carriera politica tra i banchi del Parlamento, viene scontato un anno per la pensione: chi sta in carica per sei anni, la riceve a 64 anni, chi completa due mandati, la riceve a 55, e così via.

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