A mezzanotte del 14 febbraio si spegne l’ultima radio libera d’Ungheria

Le radio fuori dal coro sono state dapprima ridimensionate e poi cancellate nel panorama radiofonico. Adesso l’informazione si è conformata ad un unico grande vociare.

Radio Ungheria
L’ultima radio libera ungherese chiuderà il 14 febbraio

Dopo 22 anni d’età si spegnerà l’emittente radiofonica punto di riferimento dell’informazione professionale, fedele ai fatti ma non al conservatorismo del primo ministro ungherese. Klúbradio era rimasta l’unica voce dissidente sopravvissuta alla repressione sovranista.

Il giornalista dissidente

Ci sono le parole nella cassetta degli attrezzi di András Arató. L’armamentario è comune a molti sui colleghi professionisti. Ciò che lo ha distinto, rendendolo un punto di riferimento per molti ascoltatori ma fastidioso al potere, è stato l’opposizione a un uso improprio degli attrezzi del suo mestiere.

A volere che la sua radio si confondesse nel grigiore dell’informazione informe è stato il primo ministro del Paese Viktor Orbán.

Sotto il fuoco della repressione, malamente travestita in pretestuose richieste, András Arató ha scelto di proseguire il lavoro come sapeva fare.

Il palinsesto come pretesto

Così la soppressione della sua radio è l’ultimo atto di una graduale aggressività: dapprima le multe, poi la perdita di frequenza in varie parti del Paese. Adesso Klúbradio trasmette solamente nella capitale.

A decretarne la chiusura la corte di Budapest rigettando il ricorso dell’emittente radiofonica.

András Arató fu accusato di non aver informato le autorità statali che controllano i media della programmazione musicale: non consegnò il palinsesto riguardante la trasmissione della musica polacca. Così fu costretto al silenzio per qualche mese oltre che al pagamento di una multa.

Ma il motivo apparve un mero pretesto, in quanto altre radio non avevano presentato il palinsesto musicale, ma non sono state disturbante, perché allineate alle direttive del primo ministro.

Il Paese che da anni è caratterizzato dall’odio verso i migranti, l’insofferenza per la libertà d’espressione e anche verso i diritti Lgbt, segna ora un altro passo verso un rigoroso sovranismo.

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