Social network e giovani: un rapporto di amore e odio

Il rapporto che i giovani della generazione Z con i social network è stato analizzato dalla Digital Society Index con un sondaggio.

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Tra i dati più rilevanti è emerso che un giovane su cinque ha disattivato i suoi profili sui social network.

I dati del sondaggio

Giovani e social network, la Digital Society Index ha condotto un sondaggio insieme alla Dentsu Aegis Network su questo rapporto. In particolare, al fascia d’età analizzata è quella dei giovani appartenenti alla generazione Z, ovvero quelli compresi tra i 18 ed i 24 anni.

Sintetizzando la ricerca, è emerso che sempre più giovanissimi scelgono di ridurre il proprio tempo sui social. In particolare, sul campione di 5000 GenZers in tutto il mondo e una popolazione mondiale di 32000 soggetti, è emerso che 1 giovane su 5 ha disattivato i propri profili social. In Italia il dato arriva ad 1 su 4.

Meno tempo sui social

La ricerca è stata condotta in piena pandemia e analizza, in particolare, il rapporto dei giovani europei con i brand. Durante la chiusura, l’attività online dei giovani è aumentata ma, il 17% degli intervistati, ha disattivato i propri profili social nell’ultimo anno. Il dato in Italia sale al 25%. Inoltre, il 44% degli intervistati ha ridotto la quantità dei dati condivisi, ad esempio la cronologia è stata cancellata oppure la geo localizzazione disattivata.

I giovani, dunque, rivelano una consapevolezza che i propri dati possono essere utilizzati da società e sono preoccupati. Il 68% degli intervistati italiani, infatti, ha dichiarato che abbandonerebbe una società che non usa bene i propri dati personali.

Inoltre, il 43% dei giovani italiani ha affermato che i social impattino negativamente sul dialogo politico italiano. Inoltre, anche i problemi di salute mentale, per la maggior parte degli intervistati, sono legati all’uso della tecnologia.

Nonostante questa convinzione, i giovani intervistati hanno fiducia nel futuro ed ottimisti: la tecnologia aiuterà a risolvere problemi mondiali urgenti. Ad esempio, l’intelligenza artificiale, nei prossimi 5 o 10 anni, potrà creare opportunità di lavoro.

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