Fine di un amore, dal trauma all’elaborazione del “lutto”: cosa succede al nostro cervello?

La fine di un amore, un vero e proprio lutto che il cervello elabora in maniera strana. Vediamo insieme cosa accade in quei momenti

Fine di un amore
Fine di un amore

 

La fine di un amore è devastante e porta corpo e cervello a comportarsi come quando si deve affrontare un lutto. Proviamo a scoprire insieme quali i meccanismi di tale vicenda che – almeno una volta nella vita – è capitata a tutti.

Che cos’è l’innamoramento?

L’innamoramento, è la forza motrice che ti spinge a sentirti onnipotente per l’amato, quella pulsione che provoca una varietà di sentimenti e di comportamenti caratterizzati dal forte coinvolgimento emotivo. Tutto sembra possibile e concreto, anche l’irrealizzabile.

Da sempre, scrittori, poeti, narratori, filosofi e cantanti hanno illuminato la strada dell’amore, non è mai facile parlarne e spesso ci rifugiamo nelle parole dei grandi autori per parlare dei nostri sentimenti.

L’Amore può essere definito drammatico, ironico, fedele, intenso e cinico. Un sentimento che ci fa sentire vivi e ci eccita, perfino quando è sbagliato.

Nicholas Sparks ha spiegato attraverso i suoi libri questo sentimento, dove tutti parlano di travolgenti passioni e impetuosi sentimenti ma soprattutto grandi amori:

“Il mondo si illumina quando tu sorridi”

Fine di un amore, cosa succede?

La fine di una storia è accompagnata dall’amara consapevolezza che non ci sia più un futuro per la coppia, dal forte senso di vuoto che si alterna con lo stato confusionale e la triste desolazione di non essere più uno, ma due individui distinti e separati.

Nell’area si percepisce la perdita dell’amato, e sembra come se ci avessero tolto qualcosa, una parte di noi stessi e per certi versi è proprio così.

Ricerche e studi scientifici hanno dimostrato che le coppie coinvolte in storie di lunga durata sviluppano memorie interconnesse, trasformandosi in un sistema che dipende da entrambi i membri della coppia.

Si diventa una sola cosa, si parla la stessa lingua, tutto sembra perfetto, difetti non c’è ne sono e si ha solo il desiderio di trascorrere il tempo insieme.

La dipendenza affettiva nei confronti del partner diviene predominante, la dipendenza acquisita e molto simile alla sindrome di astinenza che si prova se ci privano di una qualsiasi sostanza.

Innamorarsi è un processo non solo affettivo ma anche emotivo che ha forti ripercussioni sul cervello, per tale motivo, quando si chiude una relazione gli effetti che si attivano possono essere diversi e vari.

Nella fase di disinnamoramento il dolore emotivo che si prova attiva la stessa area del cervello che gestisce il dolore fisico.

Il cervello durante il disinnamoramento

Numerosi studi mettono in luce le aree del cervello che si attivano quando una persona si innamora esse sono le stesse di quando si disinnamora.

Quando una persona si disinnamora prova non solo forte dipendenza verso il partner ma anche un’ansia generalizzata che l’accompagna durante l’arco della giornata per la perdita dell’altra persona.

Questo significa che, al di là del dolore per le circostanze, la persona può continuare a provare dipendenza verso il partner.

Il processo di rottura è un po’ come tornare a innamorarsi, ma al contrario.

Gli amici, i familiari, le proprie passioni e i ricordi si riveleranno utili per superare il momento.

La necessità di stabilire legami

Corsi e ricorsi storici riconfermano quanto il filosofo greco Aristotele, scrisse nella sua -Politica- l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società.

A tal proposito il direttore del Centro di Neuroscienze Cognitive di Chicago negli Stati Uniti, John Cacioppo, sostiene che:

“Nell’uomo è innata la necessità di stabilire legami emotivi stabili”

Di conseguenza la rottura è un momento complicato difficile da accettare.

La risposta del nostro organismo al dolore e simile a quelle delle situazioni stressogene. Il corpo, reagendo al dolore, può secernere gli stessi ormoni che vengono prodotti nelle situazioni di stress.

Con la rottura torna l’idealizzazione

Che cos’è l’amore se non l’idealizzazione della persona amata, quell’idealizzazione che torna più prepotente che mai dopo la rottura.

Il bisogno d’affetto si fa più prepotente che mai, il cervello gioca brutti scherzi e i meccanismi di ricompensa attivano una gratificazione amorosa e non ottenendo la risposta adeguata, la normale reazione, come succede con le droghe, è quella di aumentare il volume di richiesta d’amore.

L’impellente bisogno di sentirsi amati induce a comportamenti impulsivi e spesso compulsivi. Scriviamo messaggi di sofferenza al nostro ex-partner, guidati dai pasticci chimici del nostro cervello.

La rinascita

Lasciar andare un amore è la cosa più difficile del mondo. Un amore che finisce fa male, crea dubbi, incertezze e comporta una sofferenza fisica che può durare diversi mesi a volte anche un anno.

Ogni separazione, distacco fa male, ma proprio quel dolore fa parte del processo di guarigione che porta a una crescita fino al superamento della rottura.

La perdita della persona amata e paragonabile a un lutto, inevitabile se si vuol vivere al meglio e talvolta una vera e propria liberazione, una rinascita a una nuova vita, quando quell’amore fa male, è abusivo, inadatto e fa soffrire o quando non è ricambiato.

La poetessa fanatica Antonia Gravina affermava che la felicità può essere vissuta in tanti modi, c’è chi trova la felicità nell’amore, chi in un bel viaggio, chi in una notte ma

“Ogni storia ha una sua fine, ma non è la fine della vita, è solo l’inizio di esperienze nuove”

Studi condotti su soggetti disinnamorati hanno rilevato l’attività della corteccia prefrontale, l’area del cervello coinvolta nell’espressione della personalità, nei processi decisionali e nella pianificazione di comportamenti cognitivi complessi, quest’area celebrale si riattiva di fronte ai cambiamenti, in vista di proattività. 

Si pensa di non poter vivere senza l’amato, invece si è ancora vivi.

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